Riti orgiastici nelle grotte napoletane

 

In alcune zone di Napoli è possibile imbattersi in lunghissime gallerie e grotte che sono frutto di venticinque secoli di lavoro degli uomini su un materiale leggero ma resistente: il tufo.

 

In questo modo sono stati costruiti altissimi palazzi al di sotto dei quali vi erano le suddette gallerie che, in origine, avevano la funzione di portare l’acqua ad ogni casa e in seguito, durante le guerre, furono adibite a rifugi sicuri.

 

Ciò che è meno noto è che, per molto tempo, alcune di queste gallerie sono state teatro di riti e pratiche orgiastiche.

 

Parliamo ad esempio della grotta di Piedigrotta che sorge su rocce sedimentarie di origine marina e che per secoli è stata scenario di periodici rituali orgiastici.

 

Le cerimonie erano organizzate in onore di Priapo, un’antica divinità dei Greci che simboleggiava l’istinto sessuale e la forza generativa maschile e la fecondità della natura.

 

Nella grotta di Piedigrotta, grazie all’assenza di luce, qualsiasi inibizione veniva a mancare, qui si incontravano giovani uomini e giovani donne che davano libero sfogo alle più intime pulsioni.

 

In queste feste, benefiche per il corpo e per l’anima, l’alimento protagonista era la sfogliatella.

Questo cibo energetico, dalla forma triangolare che ricorda il pube femminile, era assunto dai partecipanti per rifocillarsi.

 

Più tardi, sotto l’influenza del Cristianesimo i riti vennero convogliati in una festività annuale durante la quale ci si concedeva a balli sfrenati e a contatti erotici.

Queste feste che celebravano la libertà e l’istintualità, duravano anche quindici giorni.

 

Per questo stesso motivo sono conosciute anche le grotte Platamonie, situate lungo il litorale sull’antico borgo di S. Lucia.

 

La formazione di queste grotte però non è dovuta al lavoro umano bensì all’erosione dell’acqua sulla roccia, da qui deriva il nome greco “Platamon” ossia roccia marina scavata dalla forza delle acque.

 

E’ pur vero che alcune di queste grotte furono adibite all’allevamento delle murene ma nella maggior parte di esse venivano celebrati riti orgiastici che si svolgevano più volte all’anno.

 

Il rito consisteva nell’incontro tra una Menade -donna in preda alla frenesia e invasata da Dioniso- che veniva coronata da alghe marine da uno Jerofante -nella Grecia antica il supremo sacerdote addetto ai misteri eleusini- che, vestito da uomo-pesce, fecondava la donna.

 

Dal ‘400 in poi il rituale fu legalizzato e i protagonisti divennero due giovani sposi che consumavano il matrimonio al cospetto dei membri di una setta.

La deflorazione era accompagnata da dolci nenie e dal profumo di essenze bruciate in tripodi, abbelliti da falli alati.

 

Si narra che, oltre ai rituali di cui si è parlato, questi luoghi erano adoperati per orge che non avevano nulla a che fare con i riti iniziatici.

 

La malavita che trovava in questi luoghi un nascondiglio per le merci di contrabbando, non tollerava le suddette usanze erotiche e fece così giungere la notizia al viceré don Pedro da Toledo.

Quest’ultimo ordinò la distruzione di tutte le grotte incriminate e il muramento di quelle più profonde.

 

 


 

Roberto De Simone, il (Corpo di) Napoli ed il Satyricon

 

Il maestro indiscusso della cultura musicale napoletana racconta la «scandalosa epopea del dopoguerra». Lo sguardo limpido e spietato di un ragazzo straordinario in un irriverente romanzo autobiografico, che s’inchina a Petronio e strizza l’occhio a Fellini. A Napoli dopo la guerra non c’è rimasto nemmeno il tempo di pensare. I mesi si sono fatti polvere, polvere sono le case bombardate, polvere è il cibo liofilizzato che riempie i piatti, e i sogni pure sono «polvere di stelle», come canta per le strade un motivetto hollywoodiano. Però sotto la polvere la città è viva, anarchica, persino spudorata. Soprattutto se a raccontarla sono gli occhi di un ragazzino; soprattutto se il ragazzino è Roberto De Simone. La cronaca di un anno eccezionale, un romanzo di formazione fatto di episodi brevi e spesso ambigui, sempre acutissimi. I bombardamenti, l’amicizia, i bordelli e il contrabbando. E poi il conflitto fra cultura scritta e cultura orale. Ma anche la fede, i voti e i miracoli: il passaggio dalla religiosità popolare a quella stimolata dai media – i rotocalchi diffondono le immagini di «un bel frate con la barba nera» che risponde al nome di padre Pio. E infine, naturalmente, la musica: quella che il piccolo protagonista suona al pianoforte, ma anche le canzonette e i canti popolari. De Simone attinge alla memoria delle immagini e a quella delle parole per restituirci il ritratto fedele di una città grottesca e sublime, che anche «nel periodo della piú calamitosa miseria» mantiene salda la consapevolezza di sé.

 


 

L'Unica Vera Grande Storia Italiana: la Storia di Napoli

 

STORIA DI NAPOLI - 10 VOLUMI

Autori Vari

ESI 

1032,00 €

 

Napoli visse e vive la sua plurisecolare vicenda umana in una continuità di vita che, nella varietà delle forme, delle strutture e delle personalità egregie emerse dal suo seno lungo i secoli, palpita da oltre due millenni e mezzo e va, serena nel suo travaglio, incontro all'avvenire: di modo che, nella organica unità del suo insieme, la presente Storia di Napoli si mescola, di periodo in periodo, in capitoli distinti, in ciascuno dei quali è illustrata la vita politica ed amministrativa della città , la sua strutturazione sociale, la cultura, la vita religiosa, l'economia e le correlative attività , l'arte nella varietà delle sue forme espressive e la vita popolare. Alla costruzione di questa poderosa opera storiografica, il cui disegno prevede dieci volumi di grande formato, sono stati chiamati, come già abbiamo notato, uomini di provato valore nel campo della rispettiva competenza specifica, il cui nome rappresenta da sè una sicura garanzia della serietà con cui l'opera stessa si avvia alla realizzazione. Il lavoro, sorretto dalla premurosa attenzione del Comitato Scientifico ad esso preposto e del Consiglio di Amministrazione della «Società per la Storia di Napoli», che in Epicarmo Corbino ha il suo autorevole Presidente e in Claudio Andalò il suo solerte e fervido Amministratore Delegato, sarà diretto da un attento rigore metodologico e se, nello svolgimento di ogni tema, si terrà conto della connessa letteratura, non si mancherà al tempo stesso di risalire direttamente alle fonti documentarie, ricercandone anche di inedite in archivi e biblioteche, in musei, in pinacoteche ed in altre raccolte di cimeli pubbliche e private. Le pagine dei singoli volumi si presenteranno inoltre arricchite da illustrazioni scelte con gusto artistico, ma anche col criterio di fare dell'elemento iconografico un illuminante documento storico. Impresa dunque di solida dottrina, ma vivificata dall'amore per Napoli e concepita con l'intento d'indirizzarla soprattutto a quel pubblico che sente il fascino della cultura e ne riconosce l'impareggiabile efficacia nella educazione dello spirito: proprio per questo pubblico la Storia di Napoli che ci accingiamo a ricostruire vuole essere non soltanto un valido strumento d'informazione sulla vita da essa vissuta, ma una ricreazione dell'intelligenza e un genuino magistero morale, invitando i lettori non napoletani a conoscere il passato della nostra Città e i napoletani a formarsi una coscienza storica della loro presente realtà .

 


 

Il Principe

 

Niccolò MACHIAVELLI

Il Principe

Edizione del cinquecentennale. Con traduzione a fronte in italiano moderno di Carmine Donzelli.

Introduzione e commento di Gabriele Pedullà

 

Da cinquecento anni il Principe funziona come una sorta di specchio nel quale non cessa di riflettersi la coscienza occidentale, proiettando sulle parole di Machiavelli ansie, ossessioni, speranze, paure. Politica e morale, mezzi e fini, il partito come moderno principe, l’emergere dello Stato, la politica come tecnica, i fantasmi del totalitarismo… In quanto presunto fondatore della modernità politica, Machiavelli entra obbligatoriamente in qualsiasi discorso filosofico sulla vita associata. Eppure, questo successo ha avuto un prezzo considerevole. Chiosato, interpretato, adattato e spesso anche violentato, il Principe ha troppo spesso finito per smarrire la propria fisionomia e assumere quella dei suoi ammiratori o detrattori. Questa edizione del cinquecentennale nasce precisamente dall’auspicio di favorire una nuova intimità con un grande classico più citato che letto, anzitutto giovandosi di una versione in italiano moderno appositamente realizzata da Carmine Donzelli. La traduzione accompagna, a fronte, il testo originale del Principe, mantenendo le idiosincrasie, il procedere spezzato, le peculiarità e – diciamolo pure – la bellezza della prosa machiavelliana, ma al tempo stesso scioglie gli inevitabili ostacoli linguistici e permette di avvicinarsi al testo senza le consuete difficoltà della prima lettura. Alla traduzione di Donzelli si aggiunge un vasto commento e un’altrettanto ricca introduzione di Gabriele Pedullà. Oltre a una nuova ricognizione sistematica degli autori classici e soprattutto umanistici utilizzati nel Principe (con decine e decine di scoperte che mutano, spesso in maniera decisiva, l’interpretazione), l’annotazione di Pedullà concede ampio spazio alle pratiche sociali e alle credenze diffuse indispensabili per comprendere il discorso machiavelliano: la giurisprudenza e la medicina, la teoria degli umori e l’astrologia, il sistema del mecenatismo, le convenzioni dei generi letterari, il principio di imitazione, le tecniche belliche, l’origine rinascimentale del debito pubblico, le ansie di rinnovamento religioso… Il lavoro di Donzelli e Pedullà si presenta dunque come un originale esercizio di filologia politica, che libera finalmente il testo del Principe dalle incrostazioni depositatesi nel corso di mezzo millennio con l’obiettivo di offrire ai lettori, al tempo stesso, un classico sottratto alle ipoteche ideologiche degli ultimi duecento anni e un’opera «fresca»: da leggere senza i pregiudizi che accompagnano quasi inevitabilmente il nome di Machiavelli. Affinché sul Principe possano proiettarsi le passioni del XXI secolo e non – come ancora oggi succede troppo spesso – quelle del XIX o del XX.

 


 

NAPOLI NOBILISSIMA - FINALMENTE IL SITO WEB DOVE ACQUISTARLA!

 

Di mio metto una sola nota: abbonatevi!

La TV non serve a nulla, questa prestigiosissima rivista serve a tutto.

Ecco qualche nota redazionale ed il sito

«Napoli nobilissima», fondata nel 1892 tra gli altri da Benedetto Croce, Giuseppe Ceci, Michelangelo Schipa e Salvatore Di Giacomo, è una delle riviste italiane di più antica e lunga tradizione, e di certo la più antica fra quelle ancora in vita che abbiano fra i loro fini primari quello di occuparsi del patrimonio culturale di Napoli e del Mezzogiorno. Oggi, in questa sua nuova e settima serie, proverà ad essere una ‘casa’ accogliente e insieme rigorosa per gli studiosi di cose meridionali, per i maggiori esperti delle varie discipline ma anche e soprattutto per i migliori giovani formatisi nelle nostre università. Un luogo di dibattito dove lo studio – comunque centrale – del patrimonio e di tutte le espressioni d’arte – antica e moderna, e in una prospettiva che da Napoli e dall’Italia meridionale guardi all’Europa – possa e voglia confrontarsi con quello della storia, della storia della città e della storia della cultura.

 Qui dove abbonarvi ( per appena 75 euro )

 


EVOLUZIONISMO COGNITIVO

Colin Renfrew

Preistoria

L'alba della mente umana

 

Per la prima volta nel mio lungo peregrinare attraverso Gli Studi, sono giunto ad una specie di Pensiero che, molto modestamente, cerca di unificare le Culture per, FINALMENTE, dare uno sguardo al FUTURO: l'unica vera necessità che abbiamo come Imperiali Morenti.

Ebbene, in soldoni, bisogna fare sempre un passo indietro per farne tre avanti - mi pare dicesse Lenin. E cosa si scopre? Che su questo pianeta bendetto noi Sapiens abbiamo vissuto, nel Paleolitico, 

SENZA LEGGI

SENZA STATO

SENZA MACROECONOMIA

SENZA RELIGIONE

SENZA MEDICALIZZAZIONE.

Ora, sempre in soldoni, per dirla con Freud, dobbiamo sopportare un notevole DISAGIO DELLA CIVILTA'. Cioè siamo "migliorati" ma ci abbiamo perso moltissimo. Questo libro è un piccolo, fottuto, capolavoro. Poche pagine che studiano la Preistoria dal punto di vista  sì dell'Evoluzionismo ( come è logico e come unica vera verità), ma partendo dall'evoluzione della Mente e della Coscienza. 

DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE. 

 


 

A PROPOSITO DEI RIMEDI PEGGIORI DEI MALI: ZURZOLO SU SAVIANO

 

Ammettiamo pure che ci siano Intellettuali Meridionali.

Ammettiamo anche che, da Verga ad oggi, scrivano per il "bene" del Sud e di Napoli.

Ammettiamo che tutto sia vero...

In ogni caso non vedo perchè debba essere vero visto che il Centro ed il Nord,

PADRONI DELLA INDUSTRIA CULTURARE,

blaterano il falso un giorno sì ed uno pure.

Il problema è che questi edicolanti, Verga compreso, sono italioti,

quindi cattolici,

quindi (da qualche secolo) socialisti,

quindi vogliono cambiare il mondo,

quindi sono femminelle alle quali piace il cazzo.

Solo chi ama farsi del male parla in questo modo, da Verga ad oggi,

e chi ama farsi del male è un frocio represso!

Il meraviglioso Zurzolo vive a Napoli.

Ecco la sua storia.

Dei restanti fatti vi metto il link a Il Mattino.

Ps. LEGGETE I CLASSICI !! NIENTE CAZZATE MODERNE CHE SONO SOLO SOTTO-CULTURA !!!!

 


 

Il disastro che non possiamo permetterci:

Il Polo Nord magnetico si sta spostando più velocemente del previsto

 

Altro che le idiozie sul riscaldamento globale e compagni bella. Noi non possiamo permetterci una glaciazione. Se l'inversione magnetica dei poli oppure questo spostamento influiscono...io non so dirlo con certezza...ma credo di sì. Quegli aerei che irrorano i nostri cieli con strane scie che solo gli impotenti credono essere la condensa dei jet...servono a riscaldare il pianeta; altro che riscaldamento globale, è tutto il contrario. Stiamo noi riscaldando il Pianeta convinti di porre rimedio ad una possibile glaciazione! Falliti come Umanità, con una tecnologia che promette miracoli ma poi regala solo scorreggine, noi non possiamo permetterci un DISASTRO GLOBALE. Non sapremmo affrontarlo! Ed il "disastro" potrà venire da fenomeni come questo che, forse, creano glaciazioni. 

Auguri a tutti! 

 


 

Il Nietzsche di Heidegger

 

Ripropongo questo testo fondamentale specialmente perchè, appena dopo pochi mesi, lo sto rileggendo. Quale il succo? Superare "il platonismo per le masse", come scrive Nietzsche - cioè la lebbra ebraico-cristiana- per un "altrove". Io non lo chiamo OLTREUOMO, lo chiamo FLUX SAPIENS, il nuovo uomo.

Infatti è di questo che COME UMANITA' abbiamo bisogno:

di un grosso passo in avanti e del cervello e della prassi.

Come fu la scrittura, la ruota o quello che volete, ci vuole un passo avanti ontologico sì ma anche "genetico", cerebrale. Se non ci sarà non ci sarà futuro.

Sommamente consigliato.

 


 

NAPOLI, ATLANTE DELLA CITTA' STORICA. CENTRO ANTICO

( Costa quanto un Telefonino, ma questo ESISTE DAVVERO !!!! )

 

Autore: Italo Ferraro

Titolo: Napoli, Atlante della Città Storica.

Sottotitolo: Centro Antico.

Seconda edizione riveduta ed accresciuta

Scritti introduttivi di Attilio Balli, Edgarda Feletti, Alfonso Gamberdella, Benedetto Gravagnuolo, Rocco Papa

Descrizione: Volume rilegato, con sovraccoperta a colori, in formato 4° (cm 30 x 24); 1003 pagine; ampio apparato iconografico a colori ed in b/n; peso: Kg 5 circa

Luogo, Editore, data: Napoli, Oikos Edizioni, 2017

Prezzo: Euro 240,00

ISBN: 88-901478-5-7 - EAN: 9788890147852

 

Questo che pubblichiamo, CENTRO ANTICO, è il primo dei nuovi volumi; è un libro del tutto nuovo, completamente rifatto nell’apparato iconografico, ovvero documenti e foto, il quale passa dalle circa 650 pagine del 2002 alle 1000 del 2017: esso si adegua ai progressi della collana raggiunti con l’avanzare del lavoro, e ridà all’opera complessiva il suo volume principale. 

 

Con il saggio “Napoli antica” di Daniela Giampaola, esso si arricchisce della indispensabile premessa alla storia millenaria della città, frutto di una straordinaria successione di studi e risultati pratici del lavoro della soprintendenza archeologica. Si accompagnano inoltre altri saggi di studiosi su argomenti diversi riguardanti il Centro antico. La trattazione è stata estesa a Castel Capuano con Un saggio di Luciana Di Lernia, in sostanza un ulteriore capitolo. 

 

In 4 parti e 54 capitoli il nuovo volume Centro Antico descrive in modo ordinato e sistematico, minuziosamente e senza pregiudizi, la formazione della città fondata dai Greci, attraverso le successive trasformazioni nelle epoche romana, ducale, angioina, aragonese, vicereale, borbonica, fino alle vicende di fine Ottocento e del Novecento. Oggetto della trattazione innanzitutto la storia e la forma delle parti, per poi analizzare con intento di completezza i singoli edifici ed i monumenti, affermando relazioni e autonomie tra valori individuali e collettivi. Cerca corrispondenze tra la vitalità di Napoli, città abitata, e la "forma urbis”; racconta di un impianto che rimasto per 2.500 anni uguale a se stesso, pur cambiando sempre: “una bella città non può che diventare più bella”. Gli isolati stretti e allungati dell’impianto greco, i grandi monasteri, i palazzi del Rinascimento; ma anche Ie mura e le importanti trasformazioni dell’Ottocent0, via Bellini, via Duomo, via Cirillo ... E’ la città dove l’architettura è senza dubbio costruzione artificiale, la natura lontana, e all’improvviso ti sorprende nei chiostri. Nella parte di città più conosciuta, S. Chiara - S. Gregorio - Spaccanapoli - via Tribunali, c’è ancora molto da scoprire: i numerosi e sconosciuti palazzi del Quattrocento, il Palazzo Avellino sviluppatosi nel monastero di S. Potito, tratti di mura e torri aragonesi nelle case di via Cesare Rosaroll. La città esprime la persistenza della sua forma in un continuo divenire; la bellezza individuale delle architetture qui si confonde con la bellezza della città.

 

 

Elenco dei titoli della Collana Napoli. Atlante della città Storica

 

Volume 1. CENTRO ANTICO. Seconda edizione

Volume 2. QUARTIERI BASSI E RISANAMENTO Seconda edizione

Volume 3. QUARTIERI SPAGNOLI E RIONE CARITA'

Volume 4. DALLO SPIRITO SANTO A MATERDEI

Volume 5. STELLA, VERGINI, SANITA'

Volume 6. SAN CARLO ALL'ARENA E SANT'ANTONIO ABATE

Volume 7. PIZZOFALCONE E "LE MORTELLE"

Volume 8. CHIAIA

Volume 9. VOMERO

Volume 10. POSILLIPO

 

PER DISINTOSSICASI DAL MALE DELLA CHIESA CATTOLICA E DALL'IDIOZIA DEL PECCATO

Fellini Roma - La sfilata ecclesiastica

 



 

1845: Lo zar nel Regno delle Due Sicilie

 

L’imperatore russo nel 1845 venne nel Regno delle Due Sicilie con la sua consorte Alessandrina Feodorwna, convalescente, affinché «… il suo stato di salute traesse dal clima un benefico giovamento». Sbarcati in Sicilia, si diressero verso Napoli, ospiti dei Borbone.

Nicola I fu molto colpito non solo dal clima e dalla natura rigogliosa, ma anche della cultura, dell’enogastronomia e dei primati scientifici e tecnologici,

come la Stazione Anton Dhorn e il Reale Opificio di Pietrarsa.

Lo zar di Russia durante il suo soggiorno napoletano su invito di Ferdinando II visitò Pietrarsa. Entusiasta dell’alta tecnologia messa in opera nel complesso ferroviario diede ordine all’ingegnere Echappar di fare un pianta dello stabilimento con la sistemazione delle macchine,

con l’idea di realizzare uno simile nel suo Paese, a Kronštad.

In ricordo di questa esperienza, nel 1846 Nicola I donò a Ferdinando II la coppia di cavalli di bronzo recentemente restaurati che si trovano davanti l’ingresso originario di Palazzo Reale.

 

Per chi vuole approfondire su i rapporti tra il REGNO ARRETRATO e l'Impero Russo:

http://www.europaorientalis.it/uploads/files/archivio_iv/6._napoli.pdf

 


 

DORMIVAMO CON LE PORTE APERTE

 

Quelli della mia generazione, quelli che hanno calpestato l'Autorità del Padre - anche un poco giustamente, moltissimo ingiustamente...visti i risultati - ricorderanno questa nenia che le nostre nonne (spesso) ed i nostri genitori (a volte) salmodiavano per noi. La morale era che durante il Fascismo si viveva in piena sicurezza mentre nel trionfante Neocapitalismo - infatti questo salmo veniva cantato tra il 1964 ed il 1978 - la sicurezza non esisteva più manco a comprarla.

Direte: ma che vuoi parlare del Fascismo? Manco per niente, a che servirebbe, visto che abbiamo in Parlamento la lesbicissima nipote del Duce e nessuno sembra scandalizzarsi? Voglio invece raccontarvi la storia di una sensazione degenerata in sicurezza assoluta: i nostri tempi sono davvero obliqui. Ecco i fatti. Ieri ero in giro per affari importanti: entro in un bel palazzo sul Corso, proto-ottocentesco, non mantenuto benissimo ma neanche malissimo, con sotto negozi di grande bellezza ed importanza. 

Non entravo in quel palazzo da 45 anni, cioè da quando, alle medie, andavo lì per un doposcuola pomeridiano fatto di lunghe ore di noia e di asinaggine. All'epoca era uno spazio aperto; dall'androne (aperto) si entrava in una piccola corte che aveva a destra ed a sinistra due diverse scale.

Siccome non c'era e non c'è ascensore, ogni faccenda "pesante" veniva sbrigata o tramite panieri oppure gridando attraverso le scale affinchè chi di sopra avesse bisogno di qualcosa e fosse all'ultimo piano, ad esempio, scendesse a metà percorso per incontrare l'ospite dabbasso.

Il tutto libero, aperto. Ieri entro ed arrivo alla piccola corte che ormai è l'avamposto per un bel parco interno, nuovo di zecca, al quale si accede dal vecchio palazzo. La corte non esiste più; mi giro a destra: un cancello sbarra la strada ed i citofoni - giustamente - ti invitano a presentarti. Idem, dove dovevo andare io, a sinistra. Salgo le antiche scale...sembrava di stare in una commedia di Eduardo... ed arrivo ad un primo piano così fatto: a destra un cancello sbarra la strada ad una loggetta con annessa casa; a sinistra un cancello sbarra la strada per accedere al piano superiore. Sembrava di stare in un carcere...ma davvero!

A me è venuta in mente mia nonna Adele che decantava, da piccolo borghese, le magnificenze della tranquillità dei Venti e dei Trenta. Ed io, allora?

Io ho vissuto un'altra era che già era "pericolosa" per i vecchi...

Morale della favola? Non la conosco. O tutto è una allucinazione e diventando vecchi crediamo che ci sono state epoche nella quali si viveva tranquilli...oppure davvero viviamo nella paranoia più nera.

MI SA CHE NE VEDREMO DELLE BELLE, SEMPRE DI PIU' !!!


 

La Cappella del Real Monte Manso di Scala

 

Verso la metà del 1700 i Padri Gesuiti ristrutturarono il complesso di via Nilo unificando vari edifici acquisiti negli anni tra cui l’area sovrastante la Cappella Sansevero, acquistata dal Principe Raimondo de Sangro. I Gesuiti vollero dotarsi anche di una Chiesa perché, essendo aumentati i Seminaristi, avevano necessità di dotare il Seminario di quanto necessario per le attività spirituali. E la scelta per il luogo del nuovo edificio di culto cadde sul terzo piano del complesso, proprio sopra la Cappella Sansevero. All’epoca, il Principe Raimondo de Sangro era massone e “Gran Maestro di tutte le logge napolitane”: nel 1751 papa Benedetto XIV emise scomunica verso tutti gli aderenti alle logge massoniche. E’ probabile che i Padri Gesuiti scelsero con cura la posizione della chiesa proprio sopra la Cappella San Sever forse per sovrastare con un edificio di culto un “tempio massonico”.

 

La Cappella del Real Monte Manso di Scala è stata recentemente e finemente ristrutturata, a cura e spese della Fondazione, ed è stupenda. Abbandonata per lunghi anni (quasi 50) è oggi un luogo bellissimo e ricco di opere d’arte. Sul magnifico altare ligneo c’è un bel quadro di Francesco de Mura che raffigura la Madonna con Gesù Bambino, con ai suoi piedi i Gesuiti che presentano i giovani da loro assistiti. Sull’altare ci sono rare e belle statue policrome di Sant’Ignazio da Loyola e San Francesco Saverio ai lati e dei quattro arcangeli al centro.


 

EDICOLA VOTIVA, SALITA ARENELLA

 

Percorrendo salita Arenella, all’altezza del civico 59, ti sorprende una parete bianca sulla quale spiccano ben due edicole votive, disposte in due nicchie simmetriche ai lati di un cancello.

In realtà hanno strutture architettoniche differenti, ma la copertura e lo stile sono identiche.

Sono umili, ma ben tenute. La targa della prima edicola recita: “Per Grazia ricevuta. Mola Francesco, 1950”

 

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Giambattista Vico e la filosofia napoletana del Settecento

 

Giambattista Vico si è imposto all’attenzione della cultura europea soprattutto grazie alla lettura che ne ha offerto Benedetto Croce nell’opera La filosofia di Giambattista Vico del 1922. La fortunata interpretazione crociana tende però a collocare Vico nell’alveo della filosofia idealistica, presentando il filosofo italiano come un precursore di Hegel e dello storicismo assoluto.

Ma qual è l’ambiente in cui matura la filosofia del pensatore napoletano?

La vita di Vico (1668-1744) è tormenta dall’alternarsi di fortunati eventi e rovinose cadute. La prima a soli sette anni, quando la sua vivacità gli procura una frattura del cranio, per la quale

il medico si pronuncia affermando : ”O morte o idiozia perenne”.

Non seguono né morte, né idiozia, ma la massima espressione della filosofia italiana. Gli studi del giovane Vico sono un lungo percorso di autoperfezionamento, compiuto nei lunghi anni trascorsi nella residenza di Vatolla. Qui, in qualità di precettore della famiglia dei Rocca, ha modo di usufruire della grande biblioteca del castello. Lo studio di Platone, Tacito, Lucrezio accendono in Vico il desiderio di ritornare a Napoli, che nel Settecento è riconosciuta come una delle più grandi capitali della cultura europea.

Animata da uno spirito eclettico, Napoli si presenta a Vico come un laboratorio di sperimentazioni. La città è il centro di confluenza delle più innovatrici tendenze del tempo:

dal cartesianesimo al galileismo, dal platonismo all’esoterismo.

La ricostruzione dell’ambiente culturale nel quale matura la filosofia vichiana ha reso possibile superare l’immagine tradizionale di Vico come un pensatore isolato. Nel 1699 il napoletano ottiene la cattedra di Rettorica all’Università Federico II. È l’inizio di un intenso impegno culturale e di una collaborazione con molti intellettuali del tempo. Due sono i cenacoli intellettuali che rappresentano per la filosofia vichiana un punto di riferimento fondamentale: l’Accademia degli Investiganti e l’Accademia del Medinaceli.

 

Fondata a Napoli intorno al 1650, l’Accademia degli Investiganti è il primo polo di ispirazione antiaristotelica del Meridione italiano. Gli studiosi raccolti attorno all’Accademia, tra i quali Tommaso Cornelio, Francesco D’Andrea, Leonardo di Capua, propugnatori del metodo scientifico moderno, contribuiscono ad introdurre nella cultura napoletana l’approccio sperimentale alla filosofia della natura. L’attenzione posta sul problema dell’esperienza che l’uomo fa del mondo conduce presto gli Investiganti ad aprirsi a riflessioni sul mondo civile, sulla politica, sulla società. Profondamente animati da spirito indagatore ed anticattolico, gli intellettuali meridionali sono ricordati soprattutto per il carattere antidogmatico e per l’esercizio libero della ragione.

 

Grazie a https://www.lacooltura.com/2018/08/giambattista-vico-napoletana/


NON SAPER FARE: GIOVANNI VIGESIMOTERZO NON AVREBBE MAI DETTO UNA SIMILE IDIOZIA

Bergoglio mi ricorda un Totò molto, ma molto scadente: riesce a dire tutto ma non dice mai nulla. Non parla, farfuglia, mettendo lo scuorno in faccia al suo ordine, i Gesuiti, che per 1200 anni e più hanno tenuto in mano l'educazione occidentale...e quindi l'ignoranza delle masse occidentali.

Bergoglio è maschio, ragion per cui è ancora più in mala fede a voler coprire un dato di fatto: LA CHIESA GENERA FROCI NON PER VIZIO ( CHI SIAMO NOI PER GIUDICARE....) MA PERCHE' E' INSITO NEL PROPRIO DNA GENERARE FROCI. Visto quello che ha detto, non c'è altra spiegazione che questa. Oltre al fatto che sia Bergoglio sia l'azienda di cui è il capo ( che ci costa 6 miliardo di euro l'anno) non hanno ancora digerito Freud.

Infatti, questo simpatico omaccione one one che una ne dice e nulla ne fa ha detto:

‘’IL DEMONIO NON HA BISOGNO DI POSSEDERCI. CI AVVELENA CON L'ODIO, CON LA TRISTEZZA, CON L'INVIDIA, CON I VIZI. E COSÌ, MENTRE RIDUCIAMO LE DIFESE, LUI NE APPROFITTA PER DISTRUGGERE LA NOSTRA VITA, LE NOSTRE FAMIGLIE E LE NOSTRE COMUNITÀ”

Ahahahah, il Demonio? E che significa? E' come parlare di Jeeg Robot o di Topolino: non esiste !!! Giovanni Vigesimoterzo, Il SANTO per antonomasia, invece di sparare simili cazzate HA INDETTO UN CONCILIO. Forse Giovannino mio aveva letto Freud, ragion per cui...

Bergoglio è chiaro come la luce del sole: è un azzeccagarbugli. E non sa fare il Papa...sapete perchè? Non solo perchè vi sto provando che nessuno sa fare più nulla...ma perchè non sa tenere i ritmi del Suo teatro.

La recitazione a Teatro è fatta di tempi, di vuoti, di pieni, di toni, di mezzi toni. Sto camallino vaticanino invece ne spara una al minuto e senza concludere mai nulla. Uno dei tanti COITI INTERROTTI della nostra epoca sbilenca.

Che dovrebbe fare? semplice: pur sapendo che i clienti sono sempre di meno, pur sapendo che di preti ce ne sono sempre di meno DOVREBBE CACCIARE chi mette il cazzo nella stessa bocca dove mette l'Ostia Benedetta. E ve lo dice uno che non crede all'Ostia! 

Beroglio, cambia mestiere !!!



 

VITTORIO GLEIJESES: QUANDO UNA GUIDA DI NAPOLI E' UN CAPOLAVORO

 

La cosa più importante da fare, per prima, è cercarla: questa che vedete, infatti, è una edizione del 1973, la mia edizione. Esiste anche una ristampa "aggiornata" dei primi anni Novanta. Ma cosa ha di speciale questa Guida di Napoli? Ha di speciale che è scritta benissimo e che, oltre il "catalogo" dei nomi e delle opere - importantissimo nozionismo - rimarca le proprie radici negli studi e negli studiosi che fecero grande Napoli Nobilissima, la rivista. L'autore, infatti, infarcisce la propria narrazione, di fatti, fatterelli, fatterellini eccetera che fanno Storia pur essendo Microstoria. Cose passate che, senza nostalgia, mi fanno venire la voglia di andarmele a vedere oggi, dove magari non ci sono più, come i vecchi negozi chic.

 

DA AVERE ASSOLUTAMENTE !
DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE !

DA STUDIARE ASSOLUTAMENTE !


 

VACANZE A NAPOLI:  Una nuova identità visiva per il Museo Cappella Sansevero di Napoli

 

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Un logo dinamico e un design elegante: il Museo Cappella Sansevero fonda su questi elementi l’intero restyling della sua identità visiva che, conciliando tradizione e innovazione, desidera incarnare lo spirito della figura di Raimondo di Sangro e di un’istituzione museale calata nella contemporaneità.

La nuova immagine coordinata è firmata dalla graphic designer Giovanna Grauso, giovane docente di Progettazione Grafica che ha saputo reinterpretare i valori costitutivi della Cappella Sansevero, preservandone intatta l’identità.

“La decisione di realizzare un nuovo progetto di comunicazione nasce dall’esigenza di offrire al pubblico del museo un’immagine distintiva e al passo con i tempi”, afferma Fabrizio Masucci, direttore del Museo Cappella Sansevero. “Dopo una selezione tra diverse proposte di professionisti partenopei, ci siamo affidati a Giovanna Grauso per la creazione e lo sviluppo di un’identità grafica che coniugasse ricercatezza e dinamismo, restituendo una moderna riconoscibilità al museo”.

L’idea di valorizzare e conferire pregio all’immagine della Cappella Sansevero attraverso l’utilizzo di un segno “classico”, capace di esprimerne la maestosità, si traduce nella scelta di un carattere veneziano, con le grazie, e nella stilizzazione dello stemma dei principi di Sansevero, a partire dalla sua versione plastica, in vista sul portale d’ingresso del complesso museale e su quello del palazzo gentilizio sito in piazza San Domenico Maggiore.

Il logotipo mostra la parola “Sansevero” su tre righe e si caratterizza per l’assenza delle aste di alcune lettere, quasi fossero state coperte, “velate”. Con uguale larghezza e altezza, esso è idealmente inscrivibile in un quadrato che, ruotato di 90°, dà vita alle diverse declinazioni del logo. Queste ultime, oltre che dall’orientamento del logotipo, si generano anche mediante l’impiego della palette cromatica, i cui colori riprendono le tinte della decorazione della volta, che la tradizione vuole siano state inventate da Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero.

La stilizzazione dello stemma dei di Sangro di Sansevero è monocromatica e il disegno del logo prende forma dall’alternanza dei vuoti e dei pieni: i vuoti sostituiscono le tre bande in rilievo dello stemma originale, mentre le parti piene si prestano ad accogliere al loro interno le immagini della Cappella Sansevero, rendendo così il logo un “simbolo dinamico”. In questa maniera, l’identità visiva si arricchisce dei colori e delle figure del tempio barocco, di cui vengono “svelati” solo parzialmente gli scenari.

Il nuovo progetto di identità coinvolge tutte le aree della comunicazione del museo: il sito web, gli allestimenti, la segnaletica interna ed esterna, i materiali cartacei in distribuzione (depliant, ticket, etc.) e i prodotti in vendita presso il bookshop.

Le insegne della biglietteria sono il primo segno riconoscibile dai visitatori di un cambiamento di immagine ancora in essere. Il moderno allestimento, che in linea con l’arredo urbano dell’area antistante il complesso monumentale è realizzato in acciaio corten, presenta il logo istituzionale retroilluminato. Il progetto è stato curato dall’architetto Marita Francescon, che già nel 2017 aveva completato i lavori di modernizzazione del bookshop del Museo, anch’esso rifornito di una linea inedita di prodotti.

All’interno degli ambienti museali, inoltre, sono a disposizione dei visitatori nuovi pannelli esplicativi retroilluminati, coerentemente con la tecnologia utilizzata per le insegne esterne.

 

Anche il sito web si presenta del tutto rinnovato: consultabile in italiano e inglese, è stato realizzato dall’agenzia pubblicitaria Pubbli&Rolando, esperta in sviluppo di siti internet secondo i criteri più all’avanguardia richiesti dal web.

Oggi il sito www.museosansevero.it racconta il complesso monumentale e le sue opere attraverso numerose immagini, quasi tutte pubblicate per la prima volta, realizzate dal fotografo Marco Ghidelli.

Ogni sezione del sito offre dettagliati approfondimenti storici e artistici mentre, tra le principali novità, si segnala la sezione “Multimedia”: organizzata in tre sottosezioni, e studiata per coinvolgere in maniera più attiva gli utenti, propone un’esperienza di visita virtuale che non intende sostituirsi a quella reale ma vuole piuttosto stimolare la curiosità dei visitatori.

Gli utenti, infatti, potranno sperimentare un tour inedito del museo, a portata di clic, che si sviluppa attraverso la riproduzione di brevi video delle sculture principali e, per alcune opere come il Cristo velato, l’Altare Maggiore, la Pudicizia e il Disinganno, anche mediante l’ascolto di contenuti audio estratti dall’audioguida del museo.

Grazie ai dati ricavati dallo studio della documentazione iconografica d’epoca e di alcuni reperti conservati, è stato inoltre possibile ricostruire graficamente l’originale pavimento labirintico della Cappella: visitando la seconda pagina della sezione “Multimedia”, gli utenti potranno ripristinare l’antica pavimentazione, sostituita tra la fine dell’ Ottocento e l’inizio del Novecento da cotto napoletano, semplicemente spostando il cursore con il mouse.

Una menzione di rilievo merita anche la sezione “Iniziative” che, attraverso la descrizione di eventi e progetti a cura del museo o realizzati in collaborazione con istituzioni e associazioni cittadine e nazionali, testimonia il profondo impegno culturale e sociale della Cappella Sansevero.

Da qualunque pagina del sito, inoltre, è possibile accedere direttamente al sistema di acquisto online dei ticket, che consente di scegliere il giorno e l’orario di ingresso e accedere al museo con salta-fila.

Con questa fase di rinnovamento dell’immagine, in via di completamento, l’amministrazione del Museo Cappella Sansevero mira a offrire agli utenti un nuovo tipo di comunicazione, sempre aggiornata, fruibile e moderna, ma capace allo stesso tempo di preservare un’identità fedele ai valori del patrimonio storico-artistico che custodisce.


 

DIO SALVACI DAI SERVI MEZZE SEGHE 3: COME SALVARSI NELL'IMPERO CHE AFFONDA

 

Per salvarsi nell'Impero che affonda bisogna andarsene: ecco la cosa più ovvia. Siccome l' Impero è ormai TUTTO IL MONDO, andarsene non è facile poichè si è continuamente rincorsi da questo Impero di Serie B. Egli ha vinto, sì, ma ha anche perso. Ragion per cui perseguita chi lo defeca.

Un modo per andarsene è non dare tregua agli imbecilli, ai servi ecc...cioè, oggi giorno, all'intera umanità che sta facendo uno ed un solo errore: NON STA AL SUO POSTO!
Nessuno sta al suo posto, tutti hanno diritti e - diciamolo francamente - il danaro è bello ma corrompe. Figuriamoci se sei un imbecille, una mezza sega: apriti cielo! Credi di essere un padreterno e straparli.

Ma poi non sai fare le cose più elementari e la CORRUZIONE che è intrinseca a  Legge ed Economia ti fa credere che UGUALMENTE possa sopravvivere.

Perciò il cancro è tanto diffuso, io credo: è la malattia dell'abuso. Ma dell'abuso di coda? Davvero credete che sia la malattia solo dell'abuso di cibo e inquinanti? No, no, no. Il cancro è principalmente la malattia dell'abuso di imbecillità. E' come se il corpo dicesse: vedi, pezzo di merda? Se invece di fare il Grande di Spagna rimanevi la nullità che sei...il cancro non ti sarebbe venuto.

Buon cancro a tutti !

 


 

ITINERARI ESTIVI 4:  Avvocata e Montecalvario

 

Quartiere estremamente affascinante, Montecalvario, che si estende tra i quartieri spagnoli e la Pignasecca, nel ‘500 era originariamente…l’orto di una famiglia della nobiltà partenopea! Ha poi visto l’avvicendarsi di alloggiamenti militari delle truppe del viceré ed è stato insediamento prescelto dai napoletani per i principali mercati alimentari della città prima di diventare ciò che oggi si presenta ai sensi stupiti e confusi di chi l’attraversa per la prima volta. Addentrarsi in questa zona sarà un’esperienza indimenticabile, strade in cui si cammina a fatica, tra avventori carichi di ‘spesa’ quotidiana e frettolosi che si avvicendano tra funicolare, metro e cumana (è un nodo di scambio del trasporto pubblico), circondati da un’atmosfera d’altri tempi. Un po’ come essere catapultato in un enorme e chiassoso presepe napoletano moderno!

 

Dell’antico mercato dell’800 restano ancora alcune botteghe…soprattutto nella “Pignasecca”…

Bisogna saperle scovare!

 

Passeggiando tra i vicoli si finisce per entrare nell’Avvocata (prende il nome dalla piccola chiesa parrocchiale di Santa Maria Avvocata), un dedalo di strade in miniatura che si arrampicano verso il Vomero e l’Arenella, attraverso identità antropologiche e architettoniche caratteristiche e animate che presenta un’altissima densità di edifici religiosi monacali (conventi, monasteri etc.) dei più vari ordini religiosi.

 

A Montecalvario così come all’Avvocata, ogni tentativo di riordino è da sempre fallito… e per molti versi è decisamente meglio così. Unico, affascinante, ingarbugliato, estremamente confusionario, chiassoso e allegro, stracolmo di contraddizioni e brulicante di vita è una tappa da non tralasciare,

soprattutto nei periodi di festa!

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UN LIBRO PER L'ESTATE 8: BALLATA DEI GIORNI PARI & DISPARI DI EDUARDO

 

La Cantata dei giorni pari raccoglie le commedie che Eduardo De Filippo iniziò appena ventenne a scrivere, dal 1920, anno della pubblicazione di Farmacia di turno, al 1942, quando mise in scena Io, l'erede. In questo contesto i "giorni pari" sono intesi come quelli fortunati differenziandoli da quelli negativi, dove va tutto storto, i giorni "dispari" come dicono i napoletani.

 

Eduardo nel 1975, in occasione della raccolta pubblicata per l'editore Einaudi, volle riunire sotto questo titolo di "cantata" quelle commedie che mostrassero il percorso creativo da lui compiuto dai testi, spesso atti unici, elaborati per il teatro di rivista napoletano sino a quelli, specie dopo l'incontro con Luigi Pirandello, che affrontavano temi più impegnati legati alla società borghese

La Cantata dei giorni dispari raccoglie le commedie che Eduardo De Filippo scrisse dal 1945, anno della pubblicazione di Napoli milionaria!, al 1973 quando mise in scena Gli esami non finiscono mai. In questo contesto i "giorni dispari" sono intesi come quelli negativi, a differenza dei "giorni pari", fortunati e felici.

 

Eduardo nel 1975, in occasione della raccolta pubblicata per l'editore Einaudi, volle riunire sotto questo titolo di "cantata" quelle commedie che affrontavano i problemi legati alla realtà sociale italiana così com'era sopravvissuta dopo le distruzioni materiali e morali apportate dalla guerra.


 

SULLA MORTE DEI GENITORI E L'ILLUSIONE DI ETERNITA'

 

Ma cosa trasmettono, davvero, i genitori finchè sono in vita? L'idea di famiglia, quello di figlio, l'idea di educazione e di costumanza. Tutto vero. Ma, innanzitutto, i genitori, dal primo momento che noi li vediamo, TRASMETTONO L'IDEA DI ETERNITA'. Cioè essi, per il semplice fatto di essere NOSTRI genitori, ci inculcano loro malgrado l'idea che noi & loro siamo eterni. Idea che, come una giostra, è stata inculcata loro dai propri genitori.

E' questa la famosa "ruota che gira" del luogo comune: l'illusione, la più cara ma la più pericolosa delle armi che un essere umano possa maneggiare, s'intrufola nella mente e ti fa vivere, fa vivere parte di te, come se davvero  tu e loro foste eterni. Chiaramente questa ILLUSIONE DI ETERNITA' non è la stessa sempre, non ha la stessa

intensità a 4 anni, a 14, a 44 o a 60. L' intensità di questa illusione scema perchè TUTTE le illusioni scemano con l'età. Ma, finchè è in vita uno dei due genitori  tutti sappiamo che un PEZZETTINO di eternità c'è, è possibile, è a due passi da noi, vivo.

Naturalmente non è così ed infatti il luogo comune che va per la maggiore non è il senso di eternità ma il pur vero adagio che recita: morti i genitori non si è più figli.  Ci tengo a dire che questo senso di (fittizia) eternità vale per tutti: sia che ti sia divenuto a tua volta padre o madre, sia che tu non abbia figli. Sia che tu abbia vissuto a contatto con i genitori, sia che tu abbia vissuto lontano. E' un dato di fatto e , più che l'inconscio - ormai superato - credo sia dovuto alla chimica: tu vuoi sentirli ETERNI quei genitori tuoi perchè essi sono te & loro stessi insieme. Anche se sai che non sono eterni è IL SENSO di Eternità che tu avverti, il PROFUMO dell'Eternità! 

In realtà, come tutte le Illusioni, questa manfrina ti ha solo illuso: siccome l'Assoluto appartiene alla patologia - direbbe Nietzsche - l'Eternità non esiste...anzi...esiste giusto il contrario. Esiste l'Entropia, il Secondo Principio della Termodinamica che avviluppa anche genitori e figli.

E tu, morti tuo padre e tuo madre, riversi a tua volta l'Illusione di Eternità nei tuoi figli o negli affetti, se figli non ne hai...ma non è lo stesso, è "altro" da questo discorso.

 

E così, adulto, sai che tutta l'adultità non è altro che l'inizio della fine di una Illusione. 


 

UNA PASSEGGIATA NELLA NAPOLI SEICENTESCA

 

La ristampa de 

La vita quotidiana a Napoli ai tempi di Masaniello di Nino Leone per Polidoro Editore

è una ghiottissima occasione per capire in profondità l'unica, vera, metropoli italiana fin dall'Impero Romano. Il libro, che negli anni 80 era uscito per i tipi della BUR, ormai introvabile, era per me una specie di occasione mancata. Credo parecchio nella Storia delle Idee o , se volete, nella Storia del Quotidiano, retaggio dei grandi storici francesi, e quindi questo libro della Napoli più moderna che ci sia mai stata era per me una lacuna, da colmare.  Il non averlo letto, una mancanza 

 

C O N S I G L I A T I S S I M O !


 

LA CULTURA COME SUMMA 

 

La Storia sociale dell'arte di Hauser - insieme all'altro suo capolavoro: La Sociologia dell'arte ed al testo, introvabile, sul Manierismo - resta ancora oggi un passaggio obbligato per capire, NELLA SUA TOTALITA' , quell'intricato e complesso sistema di segni che noi, forse con superficialità, chiamiamo Cultura.

La Cultura è Identità e leggere libri è una Verità. Non a caso - e lo dico da laico - abbiamo chiamato il Libro Sacro della nostra civiltà ebraico-cristiana, Bibbia, cioè IL LIBRO per eccellenza - dal greco.

Identità e Verità da sole non servono se non si fa della Cultura un desiderio quotidiano, un desiderio direi quasi erotico, un desiderio che non deve essere sttovalutato mai da niente e da nessuno.

Cosa fa Hauser? Hauser viaggia attraverso 15.000 anni di storia, dal Paleolitico all'invenzione del cinema, essendo poi morto. E lo fa nel modo più delizioso che possa esistere: racconta. Ma attenzione! Abituati a come siamo alla lercissima paraletteratura, quella che ci fa credere giornalistuncoli intellettuali e gente inutile maestri di pensiero...il RACCONTARE di Hauser nemmeno lontanamente si avvicina alla letterature per cameriere della nostra epoca. Diciamo così per capirci: Hauser è un Daverio ed un Angela che, messissi seriamente a studiare, sono dieci volte più grandi e bravi di quello che già sono.

CONSIGLIATISSIMO come lettura estiva. Dopo avrete una visione diversa delle cose!


 

NAPOLI GRAND TOUR 6: LA NAPOLI DEL GRAND TOUR

 

L'Italia del Grand Tour: da Montaigne a Goethe / a cura di Cesare De Seta

Napoli , Electa, 1996

 

Uno dei libri più belli che abbia letto sul Grand Tour. Oggi parzialmente fuori commercio , sostituito da un altro non meno buono ma forse meno efficace, il testo ti fa viaggiare come fosse una ripresa in soggettiva al cinema.

Da "dentro" gli occhi dei viaggiatori.

INDISPENSABILE !


 

LO SFRUTTAMENTO DEL POPOLO. IL BILANCIO DEL REGNO BORBONICO

Grazie a Giovanni Amodeo 

 

Il padre nobile del meridionalismo, Giustino Fortunato, pubblicò nel 1904 uno dei suoi più importanti scritti sulla questione meridionale, La questione meridionale e la riforma tributaria, successivamente raccolto nel saggio Il Mezzogiorno e lo Stato italiano.

 

Il Fortunato, studioso proveniente da una importante famiglia che aveva avuto un membro, (Giustino Fortunato senior, zio dell’intellettuale) primo ministro del governo borbonico, si soffermava anche sulla politica finanziaria del regno delle Due Sicilie: «Eran poche, sì, le imposte, ma malamente ripartite, e tali, nell'insieme da rappresentare una quota di lire 21 per abitante, che nel Piemonte, la cui privata ricchezza molto avanzava la nostra, era di lire 25,60. Non il terzo, dunque, ma solo un quinto il Piemonte pagava più di noi. E, del resto, se le imposte erano quaggiù più lievi — non tanto lievi da non indurre il Settembrini, nella famosa 'Protesta' del 1847, a farne uno dei principali capi di accusa contro il Governo borbonico, assai meno vi si spendeva per tutti i pubblici servizi: noi, con sette milioni di abitanti, davamo via trentaquattro milioni di lire, il Piemonte, con cinque [milioni di abitanti], quarantadue [milioni di lire]. L'esercito, e quell'esercito!, che era come il fulcro dello Stato, assorbiva presso che tutto; le città mancavano di scuole, le campagne di strade, le spiagge di approdi; e i traffici andavano ancora a schiena di giumenti, come per le plaghe d'Oriente.» [GIUSTINO FORTUNATO, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano, vol. II, Bari 1911, p. 337]

Il patriarca del meridionalismo coglieva in questo modo l’essenziale del bilancio statale borbonico, le cui spese erano assorbite principalmente dalle forze armate, esercito, marina, polizia, mentre settori come istruzione, sanità, opere pubbliche ricevevano pochissimo.

 

L’ultimo anno di bilancio dello stato borbonico previsto per il 1860, quindi quello programmato prima ancora che Garibaldi sbarcasse a Marsala, pertanto in stato di pace e non di guerra, ribadiva anch’esso tale sproporzione fra le spese militari e di repressione e quelle per la popolazione. Il bilancio statale sotto Francesco II era così ripartito per la parte comune fra Meridione continentale e Sicilia: Guerra: 11.307.220 ducati; Marina 3.000.000 ducati; Affari esteri 298.800 ducati; Lista civile e spese attinenti: 1.644.792 ducati. La sproporzione fra le spese per le forze armate e quelle per la “lista civile” (praticamente tutto ciò che non cadeva sotto esercito, marina e diplomazia), non merita alcun commento tanto è evidente. In pratica le spese militari avocavano a sé circa l’87 % del totale.

Esisteva poi il bilancio riguardanti gli enti locali, le cui spese si possono così ripartire, su di un totale di 19.200.000 ducati: il pagamento del debito pregresso, che comprendeva ben 13.000.000 di ducati, quindi il 67,7% del totale; i lavori pubblici avevano una spesa totale di 3.400.000, il 17,7% del totale; le spese militari, di polizia, per la magistratura ecc. erano pari a 2.440.000 ducati, quindi al 12,7% del totale; infine, la voce “Affari ecclesiastici e istruzione” comprendeva i contributi al clero ed assieme quelli per l’istruzione e si riduceva a 360.000 ducati: meno del 2%.

Il regno delle Due Sicilie alla vigilia della sua fine mostrava pertanto una spesa pubblica assorbita in misura maggiore dalle forze armate ed in misura minore dal pagamento del grave debito accumulatosi, lasciando davvero poco agli investimenti materiali od immateriali come opere pubbliche ed istruzione. [GIUSTINO FORTUNATO, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano, vol. II, Bari 1911, p. 130]

 

Come annota il maggior storico militare italiano, Piero Pieri, nel suo monumentale studio sulla storia militare del Risorgimento, l'esercito borbonico era concepito anzitutto come uno strumento dinastico di mantenimento dell'ordine interno: quasi un corpo di polizia armato più che un esercito in senso stretto: «Di fatto, specialmente dopo il 1849, la tendenza era stata di fare […] un esercito di polizia» [PIERO PIERI, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, p. 658] Si tratta di un giudizio largamente condiviso, accolti, fra gli altri, da Georges Macaulay Trevelyan, ritenuto il maggior storico inglese della sua generazione: «Non era un esercito nazionale, ma dinastico. Il suo obiettivo non era tanto quello di proteggere il paese dallo straniero, quanto di presidiarlo contro i ribelli» [GEORGES MACAULAY TREVELYAN, Garibaldi in Sicilia, Vicenza 2004].

Tirando le somme, è il caso di dirlo, i Borboni di Napoli destinavano il grosso del bilancio alle forze armate, che avevano come fine principale tutelare le loro persone e quelle dei loro fedeli, le loro proprietà ed i loro privilegi. Lo stato era così concepito anzitutto quale un gendarme posto a tutela della minuscola minoranza al vertice. La tolleranza, se non la connivenza, dei governi con le mafie e bande brigantesche che opprimevano la popolazione mostra come questo esercito così costoso servisse per proteggere il ceto dominante e non il popolo meridionale nella sua totalità. [sui legami fra stato borbonico da una parte, camorra e mafia dall’altra: FRANCESCO BARBAGALLO, Storia della camorra, Roma-Bari 2010; SALVATORE LUPO, Storia della mafia dalle origini ai giorni nostri, Roma 1993]

 

Si deve però aggiungere a quanto giustamente osserva il Fortunato che dopo la spesa per le forze armate e di polizia, la prima voce del bilancio dei sovrani borbonici era quella per la persona del re e la sua corte. Il sovrano assegnava alla Real casa, ossia a sé stesso, alla sua famiglia, ai parenti, amici, collaboratori, una cifra che superava largamente quella spesa per le opere pubbliche e le necessità sociali della popolazione dell’intero regno. Questa forma di economia politica è un “filo rosso” che attraversa l’intera storia del regno di Napoli ovvero delle Due Sicilie sotto i Borboni.

 

È difficile ricostruire la politica finanziaria del fondatore della dinastia napoletana di questo casato, re Carlo, a causa dell’assenza di bilanci ufficiali del reame per anni interi. Ciò che si sa lascia però apparire con evidenza come egli non abbia costituito una eccezione fra i monarchi borbonici sul trono di Napoli. L’ambasciatore veneziano a Napoli, Alvise Mocenigo, comunicava sgomento al suo governo che le spese per la persona del re e la sua corte raggiungevano i cinque milioni di ducati. Può dare un’idea delle dimensioni dell’importo ricordare che nel Mezzogiorno settecentesco un bracciante guadagnava fra 25 a 30 grana al giorno. Un grana era 1/100 del ducato, cosicché un bracciante, la categoria lavorativa più comune nel ‘700 borbonico, poteva guadagnare da ¼ ad 1/3 di ducato al giorno, ovviamente quando trovava lavoro, essendo la sua una professione fortemente soggetta alla stagionalità. [G. CONIGLIO, I Borboni di Napoli, Milano 1992, p. 38; N. FARAGLIA, Storia dei prezzi in Napoli dal 1131 al 1860, Napoli 1878; EDUARDO NAPPI, Banchi e finanze della Repubblica Napoletana, Napoli 1999]

 

Andando a Ferdinando I (IV) ed al suo lunghissimo regno, le rilevazioni sulla politica finanziaria non cambiano. Un autore di convinzioni borboniche come il Bianchini, nella sua monumentale Della storia delle finanze del regno di Napoli in sette ponderosi volumi, pubblicata a Napoli durante il regno delle Due Sicilie, offre dati minuziosi su come era ripartita la spesa pubblica sotto il “re dei lazzaroni”. Il bilancio del 1790 di 11 milioni e 535144 ducati era così distribuito. La prima voce di spesa erano le forze armate (4203000 ducati, più di 1/3 del totale), la seconda il pagamento degli interessi sul debito pubblico (3236661, un terzo del totale), la terza la corte del monarca ed il suo appannaggio personale (1223000). Queste uscite sommate fra di loro giungevano già a 8 milioni e 662661 ducati.

 

Restavano 2 milioni e 872483 ducati, soltanto il 25 % circa del totale, per tutte le spese rimanenti: costruzione e manutenzione infrastrutture, assistenza sociale, sanità, istruzione, pensioni, esteri, giustizia ecc. Le spese della corte di Ferdinando IV da sole superavano quelle per le opere pubbliche incluse le strade (408 mila ducati), il sistema scolastico (228 mila ducati), le pensioni (140 mila ducati), gli orfanotrofi ed il “monte delle vedove” (55 mila e 512), tutte quante messe assieme.

La politica economica cambiò pochi anni più tardi, ma non invertendo l’indirizzo strategico bensì rafforzandolo. Difatti, scrive il Bianchini: «Dopo del 1792 crebbero i tributi, ma le sole pubbliche spese a carico delle finanze, che si aumentarono assai più delle altre, furono quelle della Real casa, dell’esercito, della marina, della polizia, e per le cose diplomatiche. Le altre spese rimasero presso che nella stessa condizione in che erano, e qualche parte di esse pur minorò»

 

Su di un totale di 19.911.740 ducati, la metà circa andava all’esercito ed alla marina, con 9 milioni e 250 mila ducati. Si aggiungevano poi spese come polizia (200000 ducati), giustizia (550.000), diplomazia (300000). In pratica, esercito, marina, polizia, con magistratura e diplomazia, ossia le istituzioni chiamate a mantenere l’ordine e custodire il regno da minacce interne ed esterne, ottenevano oltre la metà del bilancio: 10 milioni e 300 mila ducati.

La seconda voce più importante era quella per il pagamento del debito pubblico, che richiedeva un esborso annuo di 6.056.661 ducati.

Sommando queste sole uscite si superano già i 16 milioni di ducati sui circa 20 del totale. La residua aliquota aveva come principale voce di spesa la Real casa, che richiedeva per il suo mantenimento 1.423.000 ducati. Con il rimanente bisognava curare le spese di amministrazione per aziende pubbliche, pagare le pensioni, distribuire pubblica assistenza, finanziare l’istruzione, costruire strade ecc. Un confronto può dare un’idea di quanto costasse la corte regale allo stato. Come si è detto, la Real casa pretendeva per sé 1 milione e 423.000 ducati, che era il doppio di tutto ciò che si spendeva per pensioni (280 mila), istruzione (228 mila), strade (160 mila) assistenza caritatevole (55 mila e 512). Queste quattro voci riunite arrivavano appena a 723512 ducati. Non sorprende che Bianchini scriva che le strade in costruzione finirono quasi tutte abbandonate. [LODOVICO BIANCHINI, Della storia delle finanze del regno di Napoli, libro III, Napoli 1835, pp. 291-295]

 

Il Bianchini fa anche sapere che l’altissimo appannaggio per la Real casa fissato nel bilancio del 1790, pari a 1 milione e 223 mila ducati annui, si succedeva con regolarità almeno sin dal 1780. Tale enorme somma (superiore alla somma di tutte quelle impiegate per ospedali, scuole, strade, orfanotrofi …) letteralmente non bastava alla vorace aristocrazia, tanto che bisognava sovente aggiungere a questa spesa ordinaria altre straordinarie. Scrive il Bianchini:

«Ma altre spese estraordinarie per la casa del Sovrano sosteneva lo Stato oltre delle indicate, ed erano per doti alle Principesse, per viaggi delle reali persone, per talune feste ed altre cose simili, le quali secondo le occasioni facevano crescere di assai quel solito assegnamento. Ad esempio, il viaggio fatto dal Re e dalla Regina nel 1780 per l’Italia e la Germania, diede occasione alla Tesoreria di spendere circa un milione di ducati. Nel 1790 andarono a marito due nostre principesse, Maria Teresa, e Luigia Amalia […] La spesa per le doti e i fornimenti sorpassò i cinquecentomila ducali. II Re e la Regina con convenevole fasto si recarono in Vienna per celebrarvi gli sponsali, dove fermarono il futuro matrimonio del principe Francesco, erede della Corona […] il quale matrimonio fu di poi nel 1797 celebrato. Laonde altra spesa fu fatta di 200,000 ducati circa. Un altro viaggio nel mese di maggio del 1800 fece la Regina, e lunga permanenza in Vienna.» Ancora, nel 1802 un altro matrimonio regale comportò un altro esborso: «La somma delle spese passò oltre i trecentocinquantamila ducati» [BIANCHINI, Della storia delle finanze, cit., pp. 225-226]. Tre matrimoni ed un viaggio (costato da solo il monstrum di un milione, il quadruplo della spesa statale per l’istruzione nel 1790), avevano prosciugato la tesoreria di circa 2.050.000 ducati.

 

Neppure le travagliate vicende politiche e belliche del 1799 frenarono il salasso richiesto da re Ferdinando IV, anzi vi furono addirittura grosse spese straordinarie, perché bisognò provvedere alle spese della Real casa contemporaneamente a Palermo ed a Napoli: «E sedata la rivolta nel 1799, infino a quando da Palermo ritornò Ferdinando, rilevantissima fu la spesa della real casa, perocché doveasi a un tempo provvedere al mantenimento e alle spese che occorrevano alla Regina in Vienna, al Re in Palermo, ed alla regal magione in Napoli.» Il Bianchini, forse per pudore, omette l’indicazione dell’ammontare della cifra «rilevantissima» dilapidata dalla famiglia reale e dalla corte in un regno devastato da una guerra violenta e mentre si consumavano vendette e rappresaglie sui vinti. [BIANCHINI, Della storia delle finanze, cit., p. 226].

 

Dopo il ritorno a Napoli di re Ferdinando con la Restaurazione, la finanza allegra dell’alta nobiltà proseguì. Il Bianchini annota rispettosamente: «la real casa e la real famiglia si son sempre mantenute con molto lustro; e rilevanti spese si son fatte per cose di arti belle e di lusso. Al 1823 la spesa pel Re e per tutta la real casa sommò a ducati 2.015.857 e 24. Nel 1829 era in duc. 2,049.620». Anche negli ultimi anni del “re lazzarone” alle spese ordinarie si aggiungevano poi quelle straordinarie, fatte per doti, corredi, feste, viaggi … [BIANCHINI, Della storia delle finanze, cit., pp. 762-763].

 

L’erede Francesco I seguì le orme dei suoi avi, consumando per il suo viaggio a Madrid in occasione del matrimonio della principessa Cristina quasi 700 mila ducati, precisamente ducati «692,705 e grana 99», come riporta con pignoleria Lodovico Bianchini. [BIANCHINI, Della storia delle finanze, cit., p. 763].

Andando avanti nel tempo, l’alta percentuale di spesa a favore della Real casa la si può rintracciare anche nel reame di Ferdinando II, che pure fu il sovrano più attento della dinastia alle questioni economiche. La spesa governativa contava nel 1854 un totale di 31,4 milioni di ducati, di cui quasi la metà, 14 milioni, andava alle forze armate, a conferma dell’affermazione di Giustino Fortunato. Buona parte dei restanti era diviso fra gli interessi sul debito pubblico (6,5 milioni) e le spese per la corte regale (con molti milioni). Le opere pubbliche, la sanità, l’istruzione, tutte assieme si vedevano assegnare la cifra di 1 milione e 200.000 ducati, meno di quanto prosciugasse da sola la corte. Va ricordato che il 1854 fu un anno di dura carestia, seguita da una epidemia di colera. [S. DE RENZI, Intorno al colera di Napoli dell'anno 1854 : relazione della Facoltà medica al Sopritendente, Napoli 1854; A. SCIROCCO, L’Italia del Risorgimento, Bologna 1990, p. 416]. Pochi anni più tardi le nozze tra Francesco di Borbone e Maria Sofia furono celebrate con grande sfarzo, i cui costi furono coperti anche tagliando la spesa per la sanità pubblica.

 

Il bilancio del regno manifesta con evidenza la natura neppure di classe ma di ceto dello stato borbonico, che era controllato da una classe dirigente tanto piccola quanto ricca relativamente alla restante popolazione. Il gruppo dominante composto da poche migliaia di persone, in apparente noncuranza della vita quotidiana dei sottoposti e della sterminata massa di poveri o poverissimi, prelevava a proprio uso dal bilancio pubblico somme superiori a quelle spese per milioni di sudditi. [Sulla struttura sociale del regno delle Due Sicilie nei suoi ultimi anni e sull’alta percentuale di poveri e mendicanti: D. DEMARCO, Il crollo del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 2000]

 

Tratto da "Privilegio e sfruttamento nell’economia politica dei Borbone" di Marco Vigna, in

http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php… 


 

IL LINGUAGGIO DELLE EDICOLE VOTIVE: GEOGRAFIA DEL SACRO & DEL PAGANO A NAPOLI

 

Non c'è paesaggio urbano più gustoso, qui a Napoli, che quello delle Edicole Votive.

Prepotenti, si insediano dinanzi agli occhi e sono una teofania ma anche un momento sensuale.

Le Edicole Votive sono un saggio sostanzioso della paganità di Napoli perchè,

al di là della Religione Ufficiale, fanno propria una personale RELIGIONE DELLA FISICITA'.

Come scriveva Rimbaud:

 

" Da tempo mi vantavo di possedere tutti i possibili paesaggi, e trovavo risibili le star della pittura e della poesia moderna. Mi piaceva la pittura idiota, sovrapporte, scenografie, fondali da saltimbanco, insegne, miniature popolari; la letteratura fuori moda, latino di chiesa, libri erotici sgrammaticati, romanzi dei nostri nonni, favole, libricini per l’infanzia, opere stantie, ritornelli insulsi, ritmi facili ".

 

Sono "pitture idiote" che però parlano il Linguaggio Universale del mondo. 

Guardatevi questo sito che ho trovato per puro caso, ve lo posto "per intero".

Ma, nei prossimi giorni, trarrò da esso altre teofanie

 

http://www.edicolevotive.it/

 


 

Le monete di Neapolis tra Magna Grecia e Roma

 

La storia della città di Neapolis è un ponte che collega l’età greca a quella romana nel Sud Italia. Tale “passaggio di testimone” è evidente anche negli aspetti più pratici: in particolar modo, le monete di Neapolis rappresentarono un primo modello per la monetazione romana.

Partendo dalle origini, la zecca di Neapolis fiorì molto presto: nel 470 a.C., presumibilmente, era già attiva. Le prime monete che si riscontrano presentano sempre al dritto una testa femminile, per lo più la sirena Parthenope, e al rovescioun toro con volto umano, probabilmente rappresentazione del fiume Acheloo, il padre delle Sirene.

Le prime influenze, si può intuire, erano proprio magno-greche: i più grandi maestri nella rappresentazione di teste femminili erano i siracusani, mentre gli abitanti di Posidonia erano esperti incisori di tori.

Dalle fonti letterarie, sappiamo che la città di Neapolis subì intense influenze ateniesiattorno alla metà del V sec. a.C. Questa presenza ateniese comportò due conseguenze: da un lato vi fu una rifondazione della nea polis e del culto della Sirena in senso ceralicolo; dall’altro, si verificò un cambiamento anche nell’iconografia delle monete.

A partire dal 450 a.C., infatti, la Sirena scomparve dal dritto delle monete, lasciando il posto alla testa di Atena e, successivamente, anche Acheloo fu sostituito sul rovescio da una spiga di grano. L’interpretazione è chiara: gli Ateniesi si erano interessati alla piana campana perché fertile di grano, e per questo avevano mandato lo stratega Diotimo a stringere amicizia con Neapolis.

 

Grazie a lacooltura

 


 

Ormai Solo Un Dio Ci Puo' Salvare

Martin Heidegger

 

Nel 1933, Heidegger assunse il rettorato all’Università di Friburgo

pronunciando una prolusione dal titolo L’autoaffermazione dell’Università

tedesca. Nell’intervista Ormai solo un dio ci può salvare – titolo che la

redazione dello Spiegel diede al resoconto del colloquio che si svolse trentatré

anni dopo, il 23 settembre 1966, ispirandosi all’affermazione leggibile

all’inizio di p. 284 – il filosofo rispose all’accusa di nazismo, chiedendo che il

testo – ora in Scritti Politici (1933-1966), Piemme, Casale Monferrato 1998,

pp. 263-96 – fosse pubblicato solo dopo la sua morte.

Spiegel: Professor Heidegger, abbiamo sempre constatato che, sulla sua

opera filosofica, grava un’ombra, a causa di avvenimenti della sua vita che

non hanno avuto una lunga durata e che non sono mai stati veramente

chiariti, sia perché Lei era troppo orgoglioso per farlo, sia perché non ha mai

ritenuto opportuno esprimersi al riguardo.

Heidegger: Sta parlando del 1933?

Spiegel: Sì, prima e dopo. Vorremmo porre la cosa in un contesto più ampio

e da lì giungere ad alcune questioni che sembrano importanti, per esempio:

che possibilità c’è, a partire dalla filosofia, di agire sulla realtà, anche sulla

realtà politica? Esiste ancora una tale possibilità? E, se sì, qual è?

Heidegger: Sono davvero delle questioni importanti; mi chiedo se riuscirò a

rispondere a tutte. Ma, prima di ogni cosa, devo dire che, negli anni

precedenti al mio rettorato, non svolsi mai attività politica. Durante il

semestre invernale 1932/33, ero in congedo, e, per la maggior parte del

tempo, rimasi nella mia baita.

 

Download
QUI UN ESTRATTO ESAURIENTE DELLA INTERVISTA. LEGGETELA CON MOLTA ATTENZIONE !
Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salv
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MAGGIO DEI MONUMENTI 2018...NON CERTO A PAVIA !

 

Sul sito del Comune di Napoli tutte le info:

http://www.comune.napoli.it/maggiodeimonumenti2018


 

NAPOLI E' NEGRA: L'UNIVERSITA' DI SALERNO

& LA SUA  ECCELLENTE PAGINA SUL TEATRO NAPOLETANO

 

Tra le più belle pagine tra i siti universitari, la pagina dedicata al Teatro Napoletano è un fiore all'occhiello del sito UNISA. Oltre a trattare di un vero e proprio Progetto teatrale, la pagine contiene opere di svariati autori: da Viviani a De Filippo, da Pistilli a Santanelli. Questa è a Napoli che OGGI ha un valore e semantico e immaginifico di primissimo piano:

non esiste, in tutta Italia, un autore come Enzo Moscato, ad esempio.

Studiatevi questa pagina, scaricate e, soprattutto, LEGGETE gli autori, Ruccello in primis. Capirete che l'unica vera megalopoli, in Italia, che possa partorire un intero IMMAGINARIO è Napoli. 

 

http://www.teatro.unisa.it/index

http://www.unisa.it/centri_e_vari/teatro_napoletano/archivio/autori/autori


 

VALORI DI NAPOLI

Prima serie cofanetto 10 DVD

 

Ciro Cirillo, caro amico , senza che ne sapessi nulla, semplicemente avvertendomi, mi ha fatto un dono prezioso: questi primi 10 titoli in VHS. L'operetta, anche se sembra datata,

in realtà è talmente ben fatta che è ancora attualissima.

E poi, detto tra noi, la si può trovare a buon prezzo nel Centro Antico.

Ecco la descrizione direttamente dal sito:

 

Innanzitutto un viaggio nei dintorni di Napoli, nei Campi Flegrei, dove è iniziata la storia di Napoli con l'arrivo dei Greci, degli Etruschi e con la presenza dei Romani.

Il viaggio continua attraverso un'area archeologica unica al mondo: Pompei, un'intera città rimasta immortalata nel tempo, da quando nel 79 d.C. una pioggia di lapilli e cenere la ricoprì.

E poi alla scoperta della città di Napoli: il centro storico con le strutture monumentali presenti lungo il Decumano Inferiore e le preziose testimonianze artistiche di Cappella Sansevero; le straordinarie collezioni del Museo Filangieri e del Museo Archeologico Nazionale, il più importante museo archeologico d'Europa, con i reperti che Carlo di Borbone ereditò dai Farnese e quelli rinvenuti a Pompei, Ercolano e in altre località campane; la raccolta di arredi e opere d'arte di Palazzo Reale; infine, il ricco patrimonio vegetale dell'Orto Botanico, costituito da circa 25.000 esemplari.

La prima serie dei "Valori di Napoli" si conclude nelle viscere della terra, nel grembo di Napoli, nel tufo giallo, con cui la città è stata costruita e dove ogni epoca, dalla fondazione di Neapolis alle bombe della 2a guerra mondiale, ha lasciato traccia.

 

Le opere

Orto Botanico

Il Museo di Palazzo Reale

Campi Flegrei

Il Museo Civico Gaetano Filangieri

Il Museo Archeologico Nazionale

Cappella Sansevero

Pompei, volume 1

Il Decumano Inferiore, Spaccanapoli

Pompei, volume 2

Napoli Sotterranea, 25 secoli di storia


 

Ciao Stephen : che la tua teoria unificante possa essere il futuro !

 

Il professor Hawking non è morto, è andato. Mente eccelsa, è stato il primo che ha trattato Einstein alla pari. Perchè? Ma perchè ha capito che il FUTURO è già adesso se abbiamo capito di aver bisogno di una teoria unificante. Una teoria, cioè, che abbracci tutti i rami del SAPERE...per il quale ha poca importanza chi abbia fatto l'Universo - se dio o mia zia - importa invece che esso c'è e dobbiamo capirlo.

Ciao prof !

 

" Viviamo in un mondo che ci disorienta con la sua complessità. Vogliamo comprendere ciò che vediamo attorno a noi e chiederci: Qual è la natura dell'universo? Qual è il nostro posto in esso? Da che cosa ha avuto origine l'universo e da dove veniamo noi? [...] quand'anche ci fosse una sola teoria unificata possibile, essa sarebbe solo un insieme di regole e di equazioni. Che cos'è che infonde vita nelle equazioni e che costruisce un universo che possa essere descritto da esse? L'approccio consueto della scienza, consistente nel costruire un modello matematico, non può rispondere alle domande del perché dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel modello. Perché l'universo si dà la pena di esistere? [...] Se però perverremo a scoprire una teoria completa, essa dovrebbe essere col tempo comprensibile a tutti nei suoi principi generali, e non solo a pochi scienziati. Noi tutti – filosofi, scienziati e gente comune – dovremmo allora essere in grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi e l'universo esistiamo. Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio "

 

 

Ed eccolo  - SOPRA - quando apparve nella fantastica sit-com BIG BANG THEORY

Incontra Sheldon.

Ciao prof !


 

CHE COSA E' LA CULTURA?

 

La Cultura è un sistema di Segni da decodificare, spesso interconnessi tra loro e che necessitano - per distenderli su di un piano orizzontale di facile acquisizione - di coraggio, perizia, organizzazione mentale, progettualità, fantasia, deragliamento di tutti i sensi - per dirla con Rimbaud. 

L'università è un posto eccellente e molto importante ma non sviluppa il coraggio necessario per avere Cultura, cioè per avere TUTTI gli strumenti per decodificare quel sistema di Segni. Sempre che se ne abbia voglia, ben inteso. In caso contrario l'università non fa altro che sviluppare le capacità per avere un mestiere.

A cosa serve questo coraggio nel decifrare i Segni che fanno la Cultura? Ad avere un progetto di vita stabile e duraturo; cioè: PIU' SAI MIGLIORE DIVENTI e diventi MIGLIORE in senso pratico e non certo intellettuale - cosa che in genere non si capisce! La Cultura ti aiuta a rimanere con i piedi per terra; cioè: dentro un libro tu trovi 1000 altri libri e vivi mille altre epoche, mentalità, dinamismi. Quindi la Cultura ti serve per NON AVERE PIU' PAURA !

Ma come ci si impossessa di questo sistema di Segni che è la Cultura? Non certo fermandosi alle apparenze idiote dell'Epoca: il professorino che compare in TV e pontifica...e poi non è altro che un giornalista scribacchino; le iper-puttanate da signorine del web che fanno la retorica della Cultura e non la Cultura; le cagate dello Spirito del Tempo: diritti, predoni, papifranceschi, vecchie idee, antiche ideologie.

Tutto ciò crea un sistema a-segnico - lo chiamo io - che diverte, rilassa ma non aiuta. Al momento opportuno la "mancanza" di Cultura si fa sentire e con Essa la paura.

Impossessandosi di un Sistema di Segni completo ( e lo si fa solo LEGGENDO DI TUTTO !!!) ci si crea interconnessioni tra le cose che fanno capire che NULLA è come sembra, che SPESSO non c'è soluzione perchè non c'è problema (Duchamp), che bisogna SAPERE e non semplicemente conoscere.

Faccio un esempio e, GIURO!, è solo un esempio. Se io non avessi avuto la fortuna di nascere dentro il più potente Sistema di Segni che esiste in Italia: quella Mezzaluna Fertile che va da Cuma a Sorrento, io manco ci penserei di mettermi in competizione con Napoli o Torre Annunziata Oplonti. Se fossi nato, chessò, in Irpinia, in Cilento o roba del genere, non mi porrei neanche l'anticamera del problema! Capirei, grazie alla Cultura, che o me ne devo andare dentro la Mezzaluna Fertile per avere accesso ad un Sistema di Segni più ampio, oppure resto in "campagna", in provincia è mi accontento di un Sistema, anzi sistema, di Segni dimezzato. Ciò vale non solo per la Campania ma per ogni posto che NON ABBIA una megalopoli in Italia...cioè, il 75% del Paese!

Punto, a capo. Dunque leggete di tutto, spaziate. Se per esempio vi capita di dover interessarvi di Torre Annunziata Oplonti e siete delle campagne...andatevi a vedere la Storia degli ultimi tre-quattro secoli. Scoprirete che la Mezzaluna Fertile era già considerata in questo modo: i dintorni di Napoli, i "casali", infatti, non hanno Catasto Onciario. Quindi potete parlare solo se SAPETE cosa sia un Catasto Onciario ed innanzitutto COSA SIA NELLA REALTA' e NON SUI LIBRI SOLTANTO. Ecco la decodificazione del Sistema Segnico: NON E' IL LIBRO, E' LA DECODIFICAZIONE DELLA REALTA'

Buona CULTURA a tutti !!!


 

 

UN'IDEA DI FUTURO? IL RAPPORTO EURISPES DI QUALCHE MINUTO FA

 

No, non è fatto apposta. Ed aggiungo due cose: 1. cari moralisti che vivete di paura, NON ESISTONO PESSIMISTI ! Quindi non venitemi a dire che sono pessimista perchè parlereste di qualcosa che non esiste, come fortuna, sfortuna, destino, demonio e cazzatelle del genere. 2. se persino il Potere non può non esimersi dal prendere coscienza di un paese confuso e deluso, siamo alla frutta. Peccato che, dopo aver preso coscienza, il Potere si limita A FARE LE ELEZIONI e la gente è convinta di partecipare ANDANDO A VOTARE. Ridicolo, vero?

Scriveva Nietzsche:

 

UNA NUOVA REGOLA DI VITA, NON UNA NUOVA FEDE

 

e nel dire questo sottolineava, mille anni prima dei nostri strani giorni, il venire di questi strani giorni. Cosa fare? Nessuno lo sa. Certamente ! Ma si può sapere CHE COSA NON FARE:

 

Non votare

Non leggere i giornali dei giornalisti

Non credere alle coglionate socialiste

Non NON LEGGERE

Non NON PENSARE

Non credere alla libertà sessuale (non esiste !!! )

Non credere alla libertà di parola

.......

.......

.....

Ecco, ci sono cose che si possono non fare per riacquistare fiducia. 

FACCIAMOLE !

 


 

Frammento dell'Antico Testamento (Napoli, Biblioteca Vittorio Emanuele III, IB 18)

Old Testament fragment (Naples, Biblioteca Vittorio Emanuele III, I B 18)

 

Dal Wikipedia UK o USA ( non capisco bene) vengo a sapere che alla Nazionale di Napoli si trova questo magnifico esempio di arte testamentaria. Ignorando completamente la cosa, mi affido a Wikipedia che, per dirla con ECo, e parafrasandolo, è una cagata che spesso serve. Ecco il testo in tradotto dall' inglese con Google Traslate e relativo link  & Fonte: 

Napoli, Biblioteca Vittorio Emanuele III, MS IB 18 è un frammento del 5 ° secolo manoscritto del Vecchio Testamento scritto in uncials nel dialetto Sahidic della lingua copta . Il manoscritto ha solo 8 fogli sopravvissuti e include il testo di Giobbe 40: 8 a Proverbi 3:19.

Nel foglio 4 verso c'è un grande disegno a penna che illustra Giobbe e le sue figlie. Giobbe è raffigurato come un uomo barbuto che indossa una corona e una corta tunica . Le sue figlie indossano tuniche con gioielli e diademi. L'iconografia di Giobbe è molto diversa in questo manoscritto rispetto a quella dei secoli successivi. Qui è visto come una figura reale mentre nei ritratti più tardi è visto come umiliato e seduto su un letamaio. Questa miniatura, sebbene non eseguita da una mano esperta, fornisce un importante esempio di arte copta nel periodo di transizione dalla tradizione ellenistica a uno stile più lineare e astratto.

Il manoscritto faceva parte di una collezione di manoscritti copti realizzati dal cardinale Stefano Borgia (1731-1804) e fu incluso nel Museo Borgiano di Velletri . Nel 1821 il manoscritto fu venduto dalla contessa Adelaide Borgiaalla Biblioteca Borbonica di Napoli, che in seguito divenne la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III .

Crinelli, Lorenzo. Tesori dalle grandi biblioteche italiane . New York, The Vendome Press, 1997.

 

Ecco il testo in inglese:

Naples, Biblioteca Vittorio Emanuele III, MS I B 18 is a fragment of 5th century manuscript of the Old Testament written in uncials in the Sahidic dialect of the Coptic language. The manuscript has only 8 surviving folios and includes the text from Job 40:8 to Proverbs 3:19.

On folio 4 verso there is a large pen drawing illustrating Job and his daughters. Job is pictured as a bearded man wearing a crown and short tunic. His daughters wear tunics with jewels and diadems. The iconography of Job is very different in this manuscript from that in later centuries. Here he is seen as a royal figure while in later portrayals he is seen as humbled and sitting on a dung heap. This miniature, although not executed by a skilled hand provides an important example of Coptic art in the period of transition from the Hellenistic tradition to a more linear, abstract style.

The manuscript was part of a collection of Coptic manuscripts made by Cardinal Stefano Borgia (1731-1804) and was included in the Museo Borgiano in Velletri. In 1821 the manuscript was sold by Countess Adelaide Borgia to the Biblioteca Borbonica in Naples, which later became the Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III.


 

Bella ‘mbriana: la leggenda dell’amore

 

Tra le leggende di antico interesse popolare che si intersecano nel tessuto urbano dell’esoterica Napoli, oscurando con la superstizione e la magia la luminosità, simbolo della città del sole,  emerge la curiosa e mistica storia della bella ‘mbriana, spiritello della casa, angelo talvolta positivo e propiziatorio, portatore di lieti eventi domestici.

La leggenda fa parte di una serie di antichissimi racconti che il popolo napoletano ama ricordare, oggi come allora, perpetrando alle generazioni più giovani il forte sentimento dell’appartenenza al proprio territorio.

La parola ‘mbriana, secondo quanto riportato dalla vox populi, sembra discendere da un’antichissima derivazione dell’etimologia latina con il significato di meridiana. L’allusione pare far riferimento ad uno spiritello che si manifesta in presenza del sole, o comunque nelle ore più luminose del giorno. Qualcuno giura invece di averla vista comparire alla controra, durante le prime ore del pomeriggio.

Altre voci sostengono una teoria diversa, ma ugualmente accreditata: probabilmente la parola potrebbe derivare dal termine mariana, etimo di antica attestazione che indicherebbe la rappresentazione di un’ombra sotto cui ripararsi. Ripercorrendo la scia di ipotesi ancora più antiche, si scoprirono altre leggende esoteriche secondo cui la bella ‘mbriana si riferisse al significato etereo dell’essere.

La storia dello spirito della casa che si manifesta nei focolari domestici è testimoniata ancora oggi nella tradizione del popolo napoletano, diffusa enormemente per il cognome Imbriani derivante quindi da ‘Mbriana. L’effetto del sentimento di appartenenza dei napoletani a questa leggenda si nota anche nel rispetto che gli anziani del popolo riservano alla figura mistica e indefinita della bella ‘mbriana.

La bella ‘mbriana è una creatura misteriosa. Alcuni sostengono che si tratti di uno spirito affabile e generoso, benevolo e propiziatorio. Secondo quando raccontano gli anziani del popolo, lo spirito della casa sceglie un luogo, una dimora specifica in cui risiedere e pone l’abitazione scelta sotto la sua tutela e il suo influsso positivo.

L’atmosfera della casa attira la benevola figura che sembrerebbe apparire soltanto per pochi momenti, nascosta dietro una tenda gonfiata dal vento o nel riflesso di una finestra, o nella penombra di un angolo nascosto della casa.

La presenza compare per pochi istanti: apparizioni non ben definite e vaghe a cui gli anziani attribuiscono la sua essenza.

Viene descritta ed immaginata come un esserino invisibile, non afferrabile ma reale. Secondo la tradizione la figura mistica è di aspetto gradevole e piacente, vestita in modo curato e nel dettaglio armoniosa.

Dai lineamenti gentili ed elegante nel portamento, la bella ‘mbriana è raffigurata come una giovane donna molto bella dal viso luminoso e soave, la cui qualità principale è diffondere positività e luce nei luoghi in cui viene avvistata. Altre visioni la ricordano impalpabile e generosa, incantevole come la fata delle favole per bambini.

 

laCOOltura


 

LEGGETE I CLASSICI E NON LE IDIOZIE DEI MEDIOCRI MILIARDARI (DI SINISTRA?)

 

Leggete i Classici ed in special modo i Classici su Napoli. Ecco la lista: da soli capirete che non troverete mai i fallitissimi giornalistuncoli che vogliono cambiare il mondo oppure spioni oppure bravi artisti e registi che però di Napoli sanno vedere solo quello che c'è e NON quello che non c'è.

Ma purtroppo quello che c'è NON E' NAPOLI. 

 

Ecco la lista

 

Satyricon

Satyricon Fellini

Il  Ventre di Napoli

La Pelle ( nonostante tutto )

Tutto Viviani

TUTTISSIMO ANNIBALE RUCCELLO

Enzo Moscato

I Vicerè

Il Gattopardo

Goethe

CRONACHE NAPOLETANE - Jean-Noël Schifano

Passione

Filumena Marturano

Natale in casa Cupiello

TUTTISSIMO TOTO'

RAIMONDO DI SANGRO

Mappa del Duca di Noja

Marotta ( persino )

Galasso

Napoli Nobilissima ( per intero)

STORIA DI NAPOLI - primissima edizione 1967-1974

IL BETTOLIERE DI BORGO LORETO - Francesco Mastriani

Peppino di Capri

MINA NAPOLI

Enzo Gragnaniello

Napoli Centrale

Pino Daniele - 2 o 3 pezzi

Gorbaciof

........................................

......................................

................................

 


 

NAPOLI BORBONICA

Cerimoniale dei Borbone di Napoli

 

http://www.upaperlacultura.org/static/upload/est/estratto-volume-borbone.pdf

 


 

Non credete a coloro che dicono che i libri vanno rispettati.

I libri si rispettano usandoli, non lasciandoli stare

Umberto Eco

 

Rimarrò sempre fedele a coloro che mi hanno ispirato da giovane. Non li tradirò mai perchè mi hanno ispirato quando non sapevo nulla. O meglio, sapevo quello che i miei genitori mi avevano detto e che io, ancora oggi, accetto. Infatti IO LAVORO SOLO CON GLI SCARTI, ADORO GLI SCARTI & NON BUTTO VIA NULLA !!! Non esiste una idea buona o una cattiva o una scema tout court oppure una criminale: ESISTE LA REALTA' ed esistono le passioni. Le Passioni a volte vengono dal sesso sfrenato (quando sei giovane) ma spesso, anche da giovane, vengono dai Maestri. Perciò la mia generazione ha fallito e questa epoca di merdate suttoculturali per le cameriere è una epoca fallita: non ci sono Padri, non ci sono Maestri. Ci sono solo Madri Falliche & Inutili e Froci. Belle persone, per carità, ma che non ispirano. La Madri debbono solo "nutrire", i Froci debbono solo insegnare la "maledizione" e la sfrenatezza. Ma chi sono i Padri?

Io non sono un traditore, sono naturaliter un infedele. Escluso che nella Cultura, nel culto dei Libri. C'è tutta una letteratura ed una filmologia che mi hanno ispirato quando ero giovane. Questi Padri io li tengo con me giorno dopo giorno...con caparbietà...con fedeltà.  E' quello che chiamo TENERE SEMPRE LA BARRA AL CENTRO, IL TIMONE BEN PIANTATO. Ora posso cambiare ed attraversare le inaudite cazzate delle vita oppure le sue euforie ma MAI mi allontanerò da un CENTRO che è il mio fulcro. 

Una bibliografia di quello che mi ha ispirato da giovane è immensa, ma i NOMI che DAVVERO sono con me si possono contare. Questi Padri mi "servono" giorno dopo giorno oppure io servo loro: non fa nessuna differenza. 

 IO LAVORO SOLO CON GLI SCARTI, ADORO GLI SCARTI & NON BUTTO VIA NULLA !!!

 


 

ISA DANIELI  DOVREBBE ESSERE INSEGNATA A SCUOLA !!! 

 

Isa Danieli è una donna piccolina, uno scricciolo ma - evvivaddio - poi diventa enorme, immensa, sia che fa Capri , la soap , sia che ricorda come una Religione il "suo" Annibale Ruccello. Qui recita una piccolissima parte di quel Capolavoro che è Ferdinando ma riesce, pur nella mediocrità del social media, a "forare lo schermo" ( del pc ). Isa Danieli dovrebbe essere mostrata alla Non Italia - cioè a tutta l'Italia che non sia Napoli ma che senza Napoli manco esisterebbe - come si mostra non una Icona ma una santa. Attenzione! Non uso i due termini nelle accezioni solite: intendo dire che guardandola, annusandola, penetrandola, fottendola, vedendola, ascoltandola si può capire un millesimo di cosa sia Napoli. Fatto poi inutile poichè Napoli E'...non ha bisogno di spiegarsi.

INSOMMA ISA DANIELI DOVREBBE ESSERE INSEGNATA A SCUOLA !!! 

Isa Danieli è , dopo la morte di Mariangela Melato, la più grande attrice vivente perchè ha un coraggio da leone: sembra uno di quei femminielli del Ruccello che hanno più palle di ogni uomo o donna che gira intorno. Ha il coraggio di non apparire mai ma di Essere e poi, mentre E', ci ammonisce a non perder tempo con l'Essere. L'unica cosa da fare è VIVERE & GODERE. E' per questo che Dio ha inventato Napoli.


 

A Napoli il corpo dei Pompieri più antico d’Italia, tutta la loro storia in un nuovo museo

 

Il 5 luglio in via del Sole a Napoli è stata inaugurata la Galleria Storica dei Vigili del Fuoco presso la sede della Direzione Regionale VVF Campania. La storia dei Pompieri di Napoli inizia nel 1806 con Giuseppe Napoleone, fratello del più noto Bonaparte, che fondò il primo corpo dei Pompieri nell’Italia preunitaria, sul modello francese dei Sapeurs Pompiers. Solo dopo circa trent’anni, nel novembre del 1833, Ferdinando II di Borbone emanò l’editto che ufficializzava la nascita del Corpo dei Pompieri di Napoli.

La galleria storica mette a disposizione un percorso che rievoca il viaggio della storia dei Pompieri Napoletani e Campani a partire dalla fondazione fino alla Grande Guerra.

I cimeli esposti raccontano pezzi di storia. Le foto, le schede, le lettere, i documenti e le disposizioni di servizio, consentono di scoprire e vivere le vicende della città. I pannelli illustrativi si alternano a documenti originali dei decreti fondativi, alle testimonianze di interventi dei Pompieri del 1800, ai primi bandi di concorso, alle piccole e grandi storie.

Nella cappella è inoltre possibile ammirare i dipinti del ‘800 e del ‘900 provenienti dal Museo di San Martino, tutti a tema religioso, e inoltre, grazie ai prestiti ottenuti da musei di rilevanza nazionale, sono in esposizione cimeli straordinari tra i quali – pezzi unici in tutta Europa – gli elmi da fuoco risalenti al periodo borbonico.

Dal sito: grandenapoli


 

Come sono napoletani questi americani!

dal sito grandeNapoli 

 

La corrispondenza tra Franklin e l’illuminista napoletano Filangieri ha ispirato i principi fondamentali alla base della Costituzione Americana.

La Costituzione degli Stati Uniti d’America è tra i principali esempi di libertà istituzionale creati in un  sistema legislativo moderno. Scritta nel 1776 da Benjamin Franklin,  già ideatore della dichiarazione d’indipendenza americana, entrò in vigore nel 1789ed è la “carta costituzionale” più antica e tuttora utilizzata. Nel corso dei secoli divenne fonte di ispirazione per le costituzioni adottate nelle altre nazioni.

Alla base della Costituzione Americana troviamo principi universali ed eterni per cui ogni cittadino è investito personalmente per il buon funzionamento del bene comune tramite il perseguimento delle proprie ambizioni e aspirazioni.

Quello che non tutti sanno è che ad ispirare Franklin furono le teorie del napoletano Gaetano Filangieri, uno dei massimi giuristi e pensatori italiani del Settecentononché padre dell’Illuminismo napoletano.  La sua opera principale “La scienza della legislazione”, ritenuta un testo fondamentale ed innovativo in materia di filosofia del diritto e teoria della giurisprudenza, fu così apprezzata a livello europeo da essere tradotta in molte lingue.

Alcuni stralci dell’opera del Filangieri vennero introdotti integralmente nella Costituzione Americana.  In particolare gli storici del diritto hanno evidenziato come la fitta corrispondenza tra Franklin e Filangieri, avvenuta tra il 1781 e il 1788 abbia influenzato la stesura della costituzione soprattutto per la visione moderna del diritto e l’idea del garantismo condivisa dal celebre illuminista napoletano.


QUANDO NAPOLI DELUDE: WILDE DERISO A NAPOLI

 

Non c'è niente di peggio di una donna mezza lesbica che odia gli omosessuali. Non faccio psicanalisi perchè è superata ma certo la mezza lesbica in questione - la Serao - che non sa di essere mezza lesbica, sa come essere malvagissima contro un uomo di genio e che era avantissimo: Oscar Wilde.

Io credo che, in realtà, lo scontro fu tra un ambiente provinciale, quello Napoletano, ed un tipo che, buttando in faccia a tutti il fatto di FARE il frocio, aveva non poco infastidito i benpensanti. Intendiamoci, ciò non accadde solo a Napoli ma anche nella "sua" civilissima Inghilterra, che gli dette i lavori forzati addirittura. Ed a Capri, il Cerio dovette allontanarsi dal Quisisana perchè molti non vollero la presenza di Wilde. A Capri, patria mondiale, da centinaia d'anni,. degli eccentrici di tutto il mondo? Il fatto, allora, è sociale: io credo che, quando si sparse per l'Europa la voce che il Marchese Padre del fidanzato di Wilde, Bosie, voleva la testa dei due amanti, i piccolo-borghesi presero le parti del padre. Possibile. 

Qui i due fidanzati debbono essere a Posillipo ma qualche settimana fa, girando per Corso Vittorio, andai al Parker per chiedere di Wilde. L'attuale Hotel Parker - che ha ospitato migliaia di star - ha completamente perso memoria del fatto. O meglio: gentilissimi i portieri sanno che Wilde è stato lì ma non si sa se soggiornò oppure veniva soltanto a sorseggiare un the. Se soggiornò, non si sa in quale stanza e con chi. 

Quanto alla lesbicissima Serao, mio dio: che uomo orrendo!!! Posso capire che chi NON FA l'omosessuale ha fastidio di coloro i quali/le quali lo fanno, ma dove è il problema? Il problema sorge se sei una lesbica con i baffi e ti ecciti. 


 

ARCHIVIO DI STATO: UN LUOGO PARADIGMATICO

 

L'Archivio di Stato di Napoli nasce come "Archivio Generale del Regno" con il r.d. 22 dicembre 1808, allo scopo di riunire in un medesimo locale gli antichi archivi delle istituzioni esistenti fino all'arrivo di Giuseppe Bonaparte a Napoli nel 1806. Furono così concentrati gli archivi della Regia Camera della Sommaria, cui appartenevano i volumi dei catasti "onciari" relativi a tutti i comuni del regno, della Cancelleria, delle Segreterie di Stato dell'epoca vicereale, dei supremi organi consultivi dello Stato (Consiglio Collaterale, Real Camera di S. Chiara), del Cappellano Maggiore e dei massimi organi giudiziari dello Stato (Sacro Regio Consiglio, Gran Corte della Vicaria) e le carte di altri numerosi organi statali. Dopo la restaurazione borbonica del 1815, cambiò la denominazione in quella di "Grande Archivio del Regno" e si stabilì il principio che non soltanto le carte delle cessate amministrazioni, ma anche quelle delle amministrazioni vigenti dovessero esservi versate periodicamente. A partire dal 1860 l'archivio conobbe un notevole incremento del proprio patrimonio documentario, grazie all'acquisizione degli atti dei ministeri borbonici e di altri organismi centrali, come la Consulta di Stato e la Gran Corte dei Conti. Primo direttore dopo l'Unità fu l'economista e giornalista Francesco Trinchera, il quale curò, avvalendosi di un precedente pregevole lavoro dell'archivista Michele Baffi, l'edizione della Relazione degli archivi napoletani (1872), prima e per molti aspetti ancora preziosa guida sistematica alle fonti dell'Archivio di Stato di Napoli. Gli succedettero nell'incarico autorevoli figure di studiosi come Camillo Minieri Riccio (1874-1882) e soprattutto Bartolomeo Capasso(1882-1900) e Eugenio Casanova (1907-1915), autore quest'ultimo di un celebre manuale di archivistica e di un'ampia relazione sull'Archivio di Stato di Napoli nel decennio 1899-1909, pubblicata nel 1910. La direzione di Riccardo Filangieri di Candida (1934-1956), durante la quale fu avviata l'acquisizione degli archivi privati, coincise purtroppo con il periodo più triste per la storia del nostro paese e dei suoi archivi; delle vicende belliche l'Archivio di Stato di Napoli risentì più pesantemente di ogni altro istituto archivistico, in quanto una notevolissima mole di scritture antiche e pregevoli, portate in un deposito presso Nola per preservarle dai bombardamenti, vi furono distrutte da un reparto tedesco in ritirata nel settembre del 1943. Nel corso del Novecento l'Archivio, avendo perduto il suo carattere di archivio della capitale, ha ricevuto versamenti da organismi a carattere provinciale o locale, quali la Prefettura e la Questura e l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette con gli atti relativi al cosiddetto Catasto provvisorio di Napoli, che, stabilito da Murat nel 1809, è rimasto in vigore fino al 1914. Il primo piano del Monastero dei Santi Severino e Sossio, sede dell’Archivio di Stato di Napoli, costituisce la zona musealizzata dell'Archivio di Stato di Napoli. Cuore della vita dell'Istituto - vi sono infatti collocate la Sala di studio principale, la Sala inventari e la Sala accoglienza - era anche per i monaci il centro della comunità. I suoi quattro, splendidi chiostri ne scandivano i ritmi; la Sala del capitolo, affrescata da Belisario Corenzio nel primo ‘600 con un complesso ciclo cristologico, ne era il luogo di dibattito e confronto; il grande Refettorio, suggestivo e imponente, era il cuore della quotidianità della comunità monastica. Qui convivono varie epoche e varie funzioni: il monastero, l’archivio ottocentesco, il moderno istituto di cultura. La visita all’Archivio di Stato di Napoli si limita, oggi, agli ambienti del primo piano


SE DIO ESISTESSE, SAREBBE UNA BIBLIOTECA

( attribuita ad Umberto Eco )

 

Con chi parli parli, non ha tempo. E' come se, recitando la parte dell'Adultità, questa generazione mia perdente e che si è persa, amasse soffrire invece di ammettere di non essere in grado di fottersene di nulla. Ma che significa non fottersene di nulla? Significa questo: dopo aver abbracciato il conformismo (che di per sè non è sempre male) l'uomo e la donna della mia generazione fallita non ce la fanno proprio a dedicarsi alla Realtà. E cosa è la Realtà? Ma la Cultura naturalmente. Ogni italiano, anche il più erudito, crede che la Cultura sia il lavoro, il "logorio della vita moderna" - come diceva Calindri in Cynar - i figli, i nipoti, le tasse. Cioè, il quotidiano più becero. No carissimi, la Cultura è un'altra cosa: è una specie di Religione per Iniziati ai quali bisogna dedicarsi anima & corpo. Una Religione che ti devi guadagnare poichè NON è trascendente e NOn è per tutti ! Direte...MA NON HO TEMPO !!! Non è vero: non sei in grado, non ne hai voglia! Basta dedicarsi ai LIBRI anche solo un'ora al giorno, magari al posto della TV di Sinistra, miliardaria-massonica-inutile o quella di Destra in mano a froci e lesbiche. 

I LIBRI sono come la prima donna che sfiori. Tu ricordi che quella donna aveva un profumo...poi...con un volo pindarico...ricordi che godesti fortissimamente dentro di lei. Ecco, i LIBRI sono la stessa cosa: un "primoammore" che non si deve scordare mai. Un frullato di immaginario che poi, a noi della Mezzaluna Fertile in particolare, farebbe ancora più effetto. E i LIBRI vogliono dedizione assoluta, come appunto quando fotti la prima volta. Se ti ricordi, tecnicamente, quel primo amplesso non vale nulla...ma come godi in quel mezzo insucesso non godrai mai più.  I LIBRI sono la stessa cosa: se non ti abitui ad iniziarli - con insuccesso, magari - non puoi capire dove ti portano, non puoi intuire un orgasmo perfetto. 

Non ci si può nascondere dietro il quotidiano dei figli & nipoti, dietro il conformismo della coppia eccetera: bisogna che i LIBRI entrino prepotentemente nella nostra vita, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Una biblioteca è un posto concreto della casa. Essa deve contenere lo Scibile, non le masturbazioni sottoculturali e paraletterarie dei miliardi falliti della nostra Epoca. Bisogna leggere Erodiano prima di un qualsiasi contemporaneo; Manzoni prima di Kerouac. Dare il Nobel "mentale" a Rimbaud e non a Dylan. 

Con i libri non bisogna avere ritrosie, timori, vergogne: bisogna prenderli, odorarli, sfogliarli, leggerli in trasversale, sporcarli, annotarli. Solo "squarciarli" non è consentito! La Cultura è il LIBRO stesso che ti sfiora le mani. E che tu interiorizzi come ogni "oggetto del desderio". 

Non avete scuse, poveretti della mia sfortunata generazione: mettete i LIBRI tra i primi posti!! Solo così DAVVERO vi evolverete!

SGT. PEPPER HA 50 ANNI, E NOI?

 

Il Primo giugno il più "artistico" degli album del pop ha compiuto 50 anni, quindi possiamo dire con grande tranquillità che siamo superati dalla Storia. Ma attenzione, ciò non significa essere desueti ma defunzionalizzati. Mi spiego. Essere desueti significa non aderire allo Spirito del Tempo. Sarebbe desueto ballare il charleston come rifare la Trasfigurazione di Raffaello. A che servirebbero? Non certo ad illustrare quello che sta accadendo. Essere defunzionalizzati invece significa SEMBRARE di essere aderenti allo Spirito del Tempo ma in realtà non essere più importanti e basilari per la crescita del proprio Tempo. In poche parole: tutto ciò che è stato venduto come Epoca Contemporanea è prettamente inutile: l'anticonformismo, la rivoluzione sessuale, il maoismo, la minigonna ecc. ecc.  Dannosa non ancora,  ma certamente inutile. Il Sgt. Pepper, uscito l' 1 giugno 1967 e rifatto appena un mese dopo da un Hendrix divino, è stato il fulcro dell'Industria Culturale che stava rinnovando se stessa. Tutto è creativo nell'album, dalla copertina alla produzione artistica. Siamo in quell'epoca - tra il 1964 e la fine del 67 - quando la politica non ha fatto ancora la comparsa nel Movimento Giovanile. Era ancora il tempo che si voleva tutto e lo si voleva adesso. Poi venne il 68 e tutto cambiò, o meglio finì. Oggi Sgt. Pepper ha 50 anni e possiamo dire con assoluta certezza che si tratta di un Evento Culturale di grande importanza. C'è l'intera session che creò quell'album...anzi LE sessions...ed un BluRay e DVD del Making of. Sgt. Pepper ha 50 anni, e noi? Noi, a cosa serviamo ormai veramente?


BAIA : LA DOLCE VITA DELL'ANTICHITA'

 

Oggi, qui in Cultura (oppure in Antiqua ) non vi propongo un libro ma un sito. Un sito su I Campi Flegrei, faqtto benissimo e dove sono scaricabili contributi di studiosi prestigiosi. Il sito è: 

http://www.archeoflegrei.it/ 

ed è veramente delizioso. Purtroppo conosco pochissima gente che pensa di farsi una vacanza nei Campi Flegrei. Sì, una vacanza, poichè è un posto talmente interessante, talmente fricco di Storia, di Arte, di bella vita, di cibo, di bellezza che solo un giorno non basta. E pochi - ancora troppo pochi !!!! - vanno a Baia, la Saint Tropez - per dire una cosa qualunquista - dell'antichità. Un solo esempio: la città sommersa, spiegata benissimo qui:

http://www.archeoflegrei.it/un-drone-sulla-citta-sommersa/ 

Baia era una specie di meta proibita nell'Antichità Classica,. Persino a visitarla oggi, sommersa - come è logico - dall'aggressiva modernità, conserva intatto il fascino che la avvolge. 

Buona navigata sul sito !


 

CI VORREBBE UN BEL LIBRO SUL BORBONE 

 

Bella foto della famiglia di Francesco II di Borbone. Ignoro se prima o dopo il 1860, come ignoro tanti fatti sul Borbone. Questo perchè non c'è una seria pubblicazione sui Borbone Napoli. O si tratta di scritti aneddotici oppure di neoborbonici che poco quagliano, alla fin fine. Ci vorrebbe un bel libro sul Borbone, un libro che affrontasse la fine del Regno delle Due Sicilie sotto il profilo squisitamente storico e non solo aneddotico. Esistono, è vero, i testi bellissimi di Grimaldi, ma non bastano. A quanto uno studio attento su una delle famiglie - i Borboni Napoli - più famose dell' Ancient Regime.? Fate mente locale: la moglie di Francesco è la sorella di Sissi, l'imperatrice d'Austria. Al di là del mito mercificato e carinissimo di Sissi, ci saranno pur stati rapporti tra queste due Grandi & fastose corti Ancient Regime. Il che deve per forza significare con il nocciolo della Storia Europea. 


EPOCHE CON CAPACITA' DI RESISTENZA ED EPOCHE EUNUCHE : IN MEZZO NAPOLI

 

Stavo sfogliando il magnifico catalogo della mostra e dell'evento di Picasso a Capodimonte, complimentandomi con Electa per l' "oggetto" bellissimo che ha creato sia a livello formale che contenutistico...quando mi imbatto per l'ennesima volta nella foto che vedete sopra , la prima: Picasso e Cocteau  seduti, stravaccati, DENTRO un monumento di duemila anni fa. Siamo nel 1917 e, per dirla con Freud che lo scriverà qualche anno dopo, siamo all'inizio di quel disagio della civiltà che l'istinto di morte ha instaurato in Occidente. Guardo e riguardo la foto e la prima cosa che mi viene in mente - guardando anche il Picasso fumare DENTRO una delle fontane di Via dell' Abbodanza, credo - è questa: OGGI SAREBBE IMPOSSIBILE ! Perchè sarebbe impossibile? Perchè la tendenza antropologica va verso il "rispetto" dei monumenti, anzi, va verso la monumentalizzazione anche della cacca di un cane. Non fa niente che l'ignoranza regna sovrana: lo stesso conformismo che parla di rispetto per i monumenti neanche li conosce !!!! Invece...appena 100 anni fa...le foto sono del marzo 1917...l' "oggetto" antico si viveva come PARTE INTEGRANTE della propria vita. Come era stato per millenni, Picasso, mia zia, la plebe, il nobile, Giolitti, la mia cameriera che era femmina e NON si chiamava Mario...avevano un rapporto "disteso" con la Realtà. E si era nel 17, cioè nel pieno della Grande Guerra che sarebbe finita un anno dopo !!!! Figuriamoci in pace !!! A cosa era dovuto: ad una capacità di resistenza verso le difficoltà della vita (quelle oggettive non le pippe mentali della TV ) che superava ogni immaginazione! Una semplice foto di una superstar dell'epoca lo prova. Chiedetevi questo: se Picasso - già celeberrimo, già inventore di quella sublime "uccisione" del figurativo che furono Les Damoiselles del Cinque - cede così pigramente alle godurie della vita...tanto da non porsi (come è logico!!! ) il problema se sta seduto al Gambrinus oppure sopra una fontana di 2000 anni...figuriamoci il signor Rossi dell'epoca! Oggi  Picasso sarebbe incolpato di bullismo oppure femminicidio oppure omofobia oppure papafrancesco oppure vegano oppure nonabbiamosoldi oppure bucodellozono oppure accoglienza oppure i fascisti scemi  oppure le cagate che dice quel Fallo Parlante che è la TV o il Web. 

Allora sono andato da mia madre che si stava godendo la Barbara d'Urso. " Mamma" - le chiedo - " tu sei del 34. Quindi ricordi un prima e dopo la guerra. Se tu dovessi definire con una parola come era l' "atmosfera" di prima e poi quella di dopo, cosa diresti? " . Forse presa dalle mutande della Barbara d'Urso, di primo acchito, mamma risponde: " Siamo stati meglio dopo! ". " Perchè? " - faccio io. " Ma perchè si stava meglio economicamente". Poi si ferma e dice: " Certo si è persa la tranquillità. Sai, prima della guerra si stava tranquilli. Le divisioni sociali erano forti ma erano basate sul RISPETTO e l'EDUCAZIONE, non sul reddito. Certo forse c'erano troppi privilegi - anche mamma si sente in dovere, conformisticamente, di fare la socialista -  da una sola parte...ma non si soffriva...si stava tranquilli". A me subito viene da pensare: nel gergo naif di mia madre, tranquillo significa AVEVANO UNA GRANDE CAPACITA' DI RESISTENZA. E sono tornato al punto di partenza. E mi sono ricordato di quella bellissima recensione che Pasolini fa alle Poesie di Penna, quando uscirono per i tipi di Garzanti. Insomma, il friuliano , con parole intellettuali, dice le stesse cose che dice mia madre. 

Concludo e azzardo una ipotesi che è nata con me ed ho le prove di quello che dico. Se non si può stare tranquilli a Napoli poichè l'Occidente intero - essendo in mano agli Anglosassoni - non può stare tranquillo...almeno qui puoi coltivare il "mito" delle CAPACITA' DI RESISTENZA. Impari a vivere con tale grazia e velocità che ti fortifichi. Chiudo con una banalità che posso provare: chi esce da Napoli , e non soffre del complesso di inferiorità dei Meridios,  può dominare il mondo ! Ecco la capacità di resistenza. 

 


ISA DANIELI O DELLA FORZA

 

Senza tanti giri di parole: Isa Danieli è, oggi, la più grande attrice italiana vivente. In cosa è grande la Danieli? Nel saper attraversare, come Napoli, TUTTE le vite che non solo interpreta ma rende vive. Pirandellianamente si potrebbe dire che la Danieli, qualsiasi cosa faccia, rende il personaggio autore, ritrova sempre L' Autore. Non voglio dire in Ruccello o in Brecht ma nella fiction soap, Capri, quando lei entra in scena tutto il reale diventa fiction e la fiction reale. Come Napoli Isa Danieli possiede la chiave per essere continuamente in tensione e continuamente in evoluzione. Non c'è una sola faccia in lei e nemmeno mille, come vorrebbe il luogo comune; in lei c'è l'attore che con il proprio bagaglio attraversa l'Essere. Infatti è la più grande - come prima di lei la Mariangela Melato - perchè sa farsi "oggetto" ontologico, esistenziale e quindi ri-plasmarsi ogni volta, ma un poco meglio. Isa Danieli comunica FORZA e solo la FORZA ha ragione d'essere; le mollezze delle troiette che non sanno fare un cazzo, mezze lesbiche ed inutili, che stanno sul palco (???) da 40 anni ed ancora non sanno fare nulla...le lasciamo agli incolti ed alla mia cameriera transgender chiamata Mario. La Danieli no. Essa non perde tempo a definirsi in quasi nessun campo dell'esistenza.

Essa E'. 


 

L'ETERNA MALATTIA DELLA BORGHESIA ITALIANA

 

Sto rileggendo D'Annunzio, Il Piacere, dopo 40 anni e , come 40 anni fa, lo trovo un buon prodotto di un buon romanziere che, però, esprime il peggio e di sè e dell'Italia, ideologicamente. Le piccolezze dette su D'Annunzio - che fosse fascista, esteta, blablabla - sono appunto piccolezze. D'Annunzio è un uomo di massa prima che fosse inventato tale termine e lo è essendo un "aristocratico". Contraddizione in termini? Ma no, si tratta del solito provincialismo italiano. Se infatti si confronta Wilde con il Nostro ci si accorge subito che Wilde è il prodotto di una società che è ANCHE provinciale ma i cui membri, borghesi e piccoli aristocratici, avendo fatto la rivoluzione liberale, detengono il proprio posto, il proprio piccolo potere senza senso di colpa. Sempre piccolo-borghesi sono - ed infatti faranno incarcerare il Wilde - ma piccolo-borghesi con la certezza di appartenere ad una Classe. I personaggi dell'aristocrazia nera papalina romana de Il Piacere, invece, sono già fascisti - venti anni prima che il maestro elementare sifilitico prendesse il potere. Sono reazionari oggettivamente, organicamente, essendo il prodotto di una Nazione di Serie B come l'Italia, con una dinastia di serie B come i Savoia. L'eterna malattia della borghesia italiana: il non saper essere, il saper solo apparire, l'essere nullità, poca cosa. Quello che i borghesi italioti non sanno è che il borghese o è naturaliter liberal(e) oppure non è, è un piccolo-borghese. E il D'Annunzio ci sguazza in questa noiosa, provincialissima, ferma, fascistoide società italiana che neanche i socialisti riusciranno DAVVERO a smuovere. Da leggere assolutamente per capire - per avere la prova - che l'Italietta era fascista già prima del Benitone.

 


 

Bompiani

Milano

2007

 

Che uomo intelligente Alberto Moravia; come mancano a noi poveri drogati dalla merda quotidiana simili menti. Questo libro, uscito poco dopo la sua morte, nel 1990, e ristampato nel 2007, è davvero un excursus attraverso tutto il Novecento. Ma attenzione! Non un excursus tanto per ricordare quanto un percorso vivo, attuale, intellettuale. Moravia è rimasto il ragazzo che, malato di turbercolosi ossea, chiuso nella propria stanza gridava: mi annoio! Mi annoio! Eppure il suo sguardo sul mondo è netto, totale. Non siamo dinanzi ad un "profeta" "cattolico" come Pasolini (il Platone della situazione); qui abbiamo dinanzi un Aristotele dei nostri tempo. Freddo, razionale, esistenzialista prima dell'Esistenzialismo , Moravia ha una Cultura Europea - francese e russa in particolare. Pur avendo un'opinione su tutto, Moravia è lontano da tutto ma vicino al proprio cuore - mi ricorda un personaggio di Bunuel. Solo così, a 83 anni, poteva morire mentre si stava preparando per andare ad un incontro d'amore. Cosa piace di più di questo libro - che insieme a 5-10 altri rappresenta tutta la mia cultura? Le frasi fulminanti sull'esistenza e quella ideologia di Vita che sa di appartenere alla Morte. Una sola per tutte: " Io credo che bisogna stare attenti. Se uno facesse VERAMENTE attenzione non morirebbe mai ".

Maestro, Rabbi!!

 

 



 

PRIMA E DOPO ANDY

 

A nessuno piacciono i terremoti: vengono, non avvisano, ti rendono impotente, seminano distruzione, puzzano di morte, possono peggiorarti la vita in un attimo oppure possono cambiartela...se sai fare affari... Ebbene, Warhol è paragonabile ad un terremoto che, avvenuto, si propaga ad onde ora concentriche ora sinuose... Comunque si propaga, come il Big Bang dell'Universo...e l'onda lunga di Warhol noi la stiamo "assorbendo" ancora oggi. Che ci piaccia o non, l'immaginario collettivo del  Neocapitalismo, fin dagli anni Cinquanta, è in mano agli omosessuali. Fanno mode, disfano desideri, allungano volti, accorciano coscienze, sono geniali, sono cretini; padroni di un immaginario che ormai coincide definitivamente con la Merce e con l'idea mondiale di Occidente, gli omosessuali plasmano. Dico questo perchè il punto è: tutto il Contemporaneo (oggi, per molti, post-moderno) è nato in un loft soffitta schifosa fatta di argento-alluminio di cucina ed amfetamina, lì al quinto piano del 231 East 47th Street, a Midtown Manhattan.  Una "chiesa" più che un luogo dove Warhol, già adulto, già frocio, già conoscitore attento della Grande Mela assorbiva "le menti migliori della sua generazione". Ma non è di questo che voglio parlare. Bensì di come questo omosessuale tenero con punte di aggressività - come lo descrisse Daverio che lo conobbe e lo mandò affanculo a Milano, una volta - è ancora in grado di sbatterci in fatto la nostra e la sua vacuità. Feticista, ci ha fatto capire le Merci; più maligno di Voltaire, ci ha fatto capire che tutto quello che ci meritiamo è un Barattolo di Zuppa alle pareti. E poi cineasta guardone, zuzzuso, "napoletano". Qui sopra, in occasione dei 30 anni dalla morte - in realtà 30 nanosecondi - lo Screen Test di Dylan alla Silver Factory. Tu andavi, lui ti piazzava davanti ad un telo bianco sopra la porta del cesso e ti filmava. Senza se e senza ma direbbe qualche ridicolo. Magari un attimo prima di te c'era stato Jack Kerouac ed un attimo dopo ci sarebbe stata Orion, una tossicomane. Tutto lì.

Tutto A D E S S O